La variante Delta di Sars-CoV-2 (prima chiamata variante Indiana perché rilevata per la prima volta in India) sta diventando il ceppo dominante in tutta Europa.
Si stima che entro la fine di agosto rappresenterà il 90% di tutti i virus Sars-CoV-2 che circolano nel vecchio continente. Ha una contagiosità nettamente superiore rispetto al virus originale e alla variante inglese: per il contagio basterebbero anche “contatti molto fugaci”, 5-10 secondi di contatto ravvicinato.
Nelle ultime due settimane c’è stata una risalita dei contagi, dopo tre mesi in cui si era registrato un calo importante. Questo andamento preoccupa l’Europa dove alcuni Paesi stanno rivedendo le riaperture al fine di contenere la trasmissione dell’infezione. I timori riguardano anche l’Italia.
Settimana prossima ci sarà un nuovo provvedimento del governo sulla gestione dell’emergenza. Probabilmente ci sarà l’estensione di almeno tre mesi dello stato di emergenza (in scadenza al 31 luglio) e la revisione del green pass per ottenere il quale non basterà più una sola dose di vaccino ma servirà il ciclo vaccinale completo (come già succede nella maggior parte dei paesi europei).
Un’altra novità, la più discussa, potrebbe essere l’allineamento al modello francese per quanto riguarda gli accessi a quasi tutte le attività, bar, ristoranti, teatri, cinema, aerei, treni ecc, da riservare solo a coloro che sono in possesso di green pass (vaccino, tampone negativo nelle ultime 48 ore o guarigione dall’infezione negli ultimi sei mesi). Una scelta difficile perché potrebbe sottintendere una quasi obbligatorietà vaccinale. Vedremo.
Se c’è una cosa però che non va persa mai di vista è l’evidenza scientifica. Attualmente si hanno a disposizione dei dati, che prima non era possibile avere perché non ottenibili, che ci permettono di fare delle valutazioni: i contagi risalgono ma non c’è l’impatto che c’era prima sugli ospedali. All’aumento dei casi da coronavirus non corrisponde un peggioramento proporzionale degli indicatori: calano i decessi, le terapie intensive e i ricoverati. Merito del vaccino? Ovviamente si.
Il virus sta andando incontro a continue mutazioni casuali (“drift antigenico”, come succede per l’influenza per la quale è richiesto ogni anno un nuovo vaccino) per lui vantaggiose o svantaggiose.
Gli studi condotti in queste settimane (evidenze scientifiche: prove di efficacia clinica) dimostrano che il ciclo completo dei vaccini finora approvati protegge da tutte le varianti in circolazione (delta compresa), con una efficacia dell’80% nel proteggere dall’infezione e del 100% contro le forme gravi della malattia, per tutte le fasce di età. In sostanza hai una possibilità di infettarti del 20%, ma al 100% non finisci intubato.
L’efficacia vaccinale si deduce altresì dall’età media dei ricoverati per covid, più bassa rispetto al passato, fenomeno legato alla maggiore adesione delle persone più anziane alla campagna vaccinale.
Appurata l’efficacia dei vaccini diventa fondamentale immunizzare il maggior numero di persone, solo così si può portare a termine la guerra iniziata a febbraio 2020 e dare meno chance al virus di mutare all’interno di organismi non vaccinati e nei quali vive per lunghi periodi (da qui la tendenza all’obbligatorietà vaccinale della Francia e quella velata degli altri paesi, Italia compresa).
Il virus non sparirà, questa è una certezza. Continuerà a circolare per anni, siamo entrati nella cosiddetta “giostra evolutiva” del virus, dobbiamo inseguirlo. Essere non vaccinati, scoperti, è rischioso per le persone e crea ostruzionismo alla scienza nell’”inseguimento”.
La speranza, e concludo, è che il tutto evolva verso una banale influenza: il virus muta ma, essendo noi vaccinati al ceppo originale di coronavirus, saremo comunque protetti, anche se non totalmente, verso le nuove mutazioni. Con un richiamo a distanza di tempo, se necessario, staremo ancora più tranquilli. Queste inoculazioni vaccinali ricorrenti andranno magari fatte per qualche anno, ma chi se ne frega.