Approvata dal Consiglio dei Ministri la manovra economica, ovvero la Legge di bilancio per il 2023, che contiene tutte le misure che il governo vuole introdurre per l’anno successivo al fine di ottenere determinati obiettivi, riportando le previsioni di entrate e di spesa.
Entro il 30 novembre il testo, dopo il passaggio in Parlamento, sarà inviato a Bruxelles per il parere della Commissione europea. È una legge da 35 miliardi di cui 21 contro il caro energia.
Le misure principali: per le pensioni innalzamento a quota 103 (62 anni di età + 41 di contributi), le minime a 600 euro, reddito di cittadinanza stop dal 2024 per gli occupabili che riceveranno l’assegno solo per 8 mesi nel 2023, da dicembre cala lo sconto sulla benzina da 30 a 18 centesimi per litro, stanziato mezzo miliardo per il caro-carrello, per i lavoratori autonomi flat tax al 15% fino a 85mila euro (prima era fino a 65 mila), taglio del cuneo fiscale (differenza tra la retribuzione lorda e quella netta) di 3 punti a vantaggio del lavoratore (prima era di 2) per i redditi fino a 20mila euro (fino a 35 mila il taglio resta di 2 punti).
Per Giorgia Meloni si tratta di una manovra all’insegna della crescita e della giustizia sociale, coraggiosa e attenta alle famiglie, con aiuti al ceto medio e non ai ricchi. Insorgono le opposizioni: “non permetteremo un massacro sociale” afferma Giuseppe Conte, “manovra iniqua e improvvisata” per Enrico Letta.
A mio avviso si tratta di una manovra all’insegna della prudenza, dettata dal poco tempo a disposizione (la legge arriva solitamente in Parlamento intorno al 20 ottobre, non a fine novembre come successo quest’anno), dalla volontà di non essere colpiti dagli investitori sui mercati finanziari e di non creare tensioni con l’Europa.
Sicuramente non può essere considerata una manovra identitaria della nuova maggioranza. La maggior parte delle risorse è palesemente diretta alle fasce più deboli, per cui trovo strane le critiche eccessive del Partito democratico.
La graduale abolizione del reddito di cittadinanza ha invece mandato in fibrillazione il M5S. Cosa si aspettava? Il sussidio può essere considerato una misura giusta, ma deve essere accompagnato da un efficiente e automatico meccanismo di distribuzione di offerte di lavoro a chi ne usufruisce, altrimenti non rappresenta altro che un incentivo a non lavorare. Si poteva andare aventi così? Sussidio senza proposte di lavoro? No.
Al contrario il lavoro bisogna crearlo, solo così si dà dignità ad un paese. Già in questo primo importante passaggio di politica economica forse si sarebbe potuto osare di più, in linea con le promesse della campagna elettorale, da una flat tax vera a un superamento più deciso della Legge Fornero a un maggiore aiuto alle imprese. Si è optato invece per la cautela, con la consapevolezza di essere più fedeli al programma nelle prossime leggi di bilancio.
Si nota, inoltre, una certa continuità con il governo Draghi, con la maggior parte delle risorse destinata al caro energia, attraverso la proroga delle misure già in vigore: taglio delle accise sui carburanti, bonus sociale sulle bollette per le famiglie meno abbienti, crediti di imposta per le imprese relativamente alle spese sostenute per l’energia.
In definitiva va bene così, ci aspetteremo di più in futuro, con un occhio di riguardo, si spera, alle imprese, già colpite dalla pandemia, dalla guerra e dal caro bollette. Sono loro il vero motore di una nazione, creano lavoro investendo sul capitale umano e producono ricchezza.
Durante le diverse campagne elettorali Fratelli d’Italia ha sempre sottolineato l’importanza di sostenere le imprese, d’ora in poi bisogna farlo senza esitazione, altrimenti si finisce nel calderone della politica tradizionale dove troppo spesso “si nasce incendiari e si muore pompieri”.