Inizia l’iter della legge più importante per un governo, la legge di Bilancio (o Finanziaria, o Manovra), che comunica le entrate e le uscite del Paese e le relative coperture per l’anno successivo.
Approvata dal Consiglio dei ministri la legge è stata inviata in parlamento per l’esame del Senato. Dopo le audizioni e la presentazione degli emendamenti si arriverà all’approvazione definitiva entro il 31 dicembre.
In sintesi la Manovra, dal valore di circa 24 miliardi di euro, punta al taglio del cuneo fiscale (100€ in più al mese per i lavoratori dipendenti), al taglio dell’Irpef per i redditi medio bassi e al rinnovo dei contratti scaduti della Pubblica amministrazione (stipendi maggiorati del 5%).
Per ottenere questi tre obiettivi il governo ha raschiato il fondo del barile: la legge sarà finanziata per oltre 15 miliardi dall’aumento del deficit (ti pareva!), per il resto da tagli alla spesa e da tasse. Ci sarà maggiore Iva su molti prodotti: ha fatto discutere l’aumento dal 5 al 10% per i prodotti dell’infanzia (pannolini, latte in polvere ecc.) o per l’igiene intima femminile (assorbenti, tamponi ecc.). Maggiori tasse sulle sigarette, aumento della cedolare secca dal 21 al 26% per chi ha più di un immobile in locazione, più tasse per chi vende immobili entro 10 anni dai lavori di ristrutturazione col Superbonus.
A fare discutere, tuttavia, è stata soprattutto la rivalutazione delle pensioni, che tende a penalizzare coloro che scelgono di andare via dal lavoro in anticipo. Se è vero che nella legge di bilancio è prevista la proroga di Quota 103 (possibilità di uscire dal lavoro a 62 anni di età e con 41 anni di contributi versati), dall’altro lato chi intende beneficiarne (andando via prima dei fatidici 67 anni previsti dalla pensione di vecchiaia) andrà incontro a delle importanti novità.
La prima è che durante gli anni del pre-pensionamento (prima dei 67 anni) l’assegno pensionistico non potrà superare di oltre 4 volte il trattamento minimo Inps (circa 2.270, penalizzati gli ex dirigenti), la seconda, la più significativa, è che l’assegno sarà totalmente contributivo, più basso. L’importo della pensione, dunque, non sarà più calcolato con metodo retributivo (più generoso) per gli anni di lavoro fino al 1995 e contributivo da questa data in poi, ma si baserà solo sui contributi versati.
In sostanza si tratta di un ricalcolo pensionistico al ribasso che nei prossimi tre anni potrebbe colpire 150 mila pensioni, con tagli fino a un terzo della pensione per i dirigenti che hanno cominciato a lavorare poco prima del 1995. Il ricalcolo colpisce insegnanti, dipendenti pubblici, ufficiali giudiziari e soprattutto i medici, molti dei quali hanno minacciato di andare in pensione subito, si tratterebbe di un vero e proprio esodo. La risposta del governo non si è fatta attendere: probabilmente ci sarò un maxi emendamento per evitare che i medici abbandonino il Servizio sanitario nazionale, già in ginocchio in termini di personale.
Purtroppo è suonata la sveglia sul debito pubblico ed è partita la difficile caccia ai fondi. La pressione fiscale è già molto alta, per cui si devono fare le acrobazie e cercare settori alternativi per racimolare soldi con cui finanziare i provvedimenti promessi in campagna elettorale (come il taglio del cuneo fiscale). Da qui la maggiore Iva su molti prodotti e la stretta sulle uscite anticipate in pensione, che personalmente non trovo giusta.
A parte il rischio di smantellare una già precaria sanità pubblica (vedremo se arriveranno le correzioni), colpire chi ha lavorato una vita è l’espressione di una mancanza di rispetto verso queste persone. Gli anziani già si trovano a dovere fronteggiare un caro vita che li riduce spesso in povertà, a dovere barcamenarsi nei meandri di uno sviluppo tecnologico per loro troppo complicato (e si vedono costretti a pagare dei servizi), a dovere aiutare i figli che hanno difficoltà lavorative, è giusto tagliare con l’accetta l’assegno della pensione?
Il taglio del cuneo fiscale è importante, però aumentare di 70-80€ netti la busta paga di un lavoratore a fronte di un caro vita che ha visto quasi raddoppiare i prezzi non migliora sicuramente il potere d’acquisto delle famiglie. Personalmente sono contrario ai bonus o alle paghette, resto dell’idea che bisogna lavorare sul controllo del rialzo indiscriminato dei prezzi.
Il pensiero secondo cui aiuto i poveri a fronteggiare il caro vita (con bonus ecc.) che invece i benestanti possono tranquillamente sostenere, è totalmente sbagliato. Ormai è stato travolto anche il ceto medio, sono drammaticamente aumentate le famiglie che versano in condizioni di povertà assoluta. Per non parlare dei pensionati…