Giancarlo Giorgetti, ministro dell’Economia, in settimana ha parlato di manovra tutta in salita a causa del Superbonus, che a suo dire avrebbe messo a dura prova i conti pubblici italiani, ingessando il bilancio.
La misura è stata contestata anche dalla premier Meloni che ha parlato addirittura di situazione fuori controllo e della più grande catastrofe dei conti mai vista.
Per Superbonus si intende un’agevolazione fiscale che incentiva gli interventi di ristrutturazione di case, villette e condomini al fine di migliorarne l’efficienza energetica. È stato introdotto nel 2020 dal secondo governo Conte (decreto rilancio) per stimolare l’economia durante la pandemia. Sarebbe dovuto essere valido dall’1 luglio 2020 al 31 dicembre 2021 ma è stato prorogato dai governi successivi.
Col Superbonus al 110% il governo si impegnava inizialmente a rimborsare la totalità delle somme spese per le ristrutturazioni, più un contributo aggiuntivo del 10%. La riscossione poteva avvenire attraverso la detrazione fiscale dall’IRPEF dei proprietari che pagavano i lavori di tasca loro (in modo da rientrare interamente della spesa entro 5 anni) oppure attraverso la cosiddetta “cessione del credito”.
In sostanza chi fa i lavori ottiene dalla Stato dei crediti di imposta che può tenere per sé e pagare meno tasse negli anni successivi, oppure può cederli alla ditta che fa i lavori ottenendo uno sconto in fattura, oppure può cederli a terzi (imprese, banche, enti o professionisti): ad esempio i crediti potevano essere ceduti a una banca in cambio di un finanziamento.
Da gennaio 2023, il Superbonus è passato dal 110% al 90%, con un ulteriore depotenziamento dal 2024, mentre un decreto legge dello scorso febbraio ha tolto la possibilità di usufruire della cessione del credito. Questo perché il mercato dei crediti ha fatto letteralmente saltare il banco.
Nei cassetti dell’Agenzia delle Entrate ci sono 142 miliardi di crediti ceduti e non utilizzati. Di questi 12 miliardi sono frodi: tra le tante quella, ad esempio, in cui venivano chiesti interventi di ristrutturazione per immobili inesistenti, così si ottenevano crediti di imposta a loro volta ceduti a imprese o banche. Dei 130 miliardi rimanenti solo 21 sono stati compensati dallo Stato attraverso la riduzione delle tasse. Mancano ancora ben 109 miliardi da compensare. Una vera e propria mazzata.
A questo punto lo Stato dovrebbe ridurre le tasse a chi ha questi crediti fiscali e coprire questa riduzione di entrate fiscali spendendo più denaro pubblico, magari ricorrendo al debito. Da gennaio, però, tornerà la regola europea del deficit al 3% del Pil (venuta meno a causa del Covid: ogni Stato poteva indebitarsi di più), per cui non si potrà più di tanto incrementare il debito: servirà ridurre la spesa. Occorrono sacrifici e acrobazie economiche. La prossima manovra ne sarà la dimostrazione.
In definitiva il Superbonus ha lascito un’eredità pesantissima sul piano dei conti pubblici. Per non parlare delle già citate truffe, o delle aziende che hanno crediti che non possono essere più ceduti e si trovano senza liquidità con il rischio di fallire, o dell’aumento spropositato dei prezzi dei materiali e delle lavorazioni di ristrutturazione (tanto paga lo Stato…) per cui fare dei lavori per una casa appena acquistata diventa particolarmente dispendioso (ad esempio i mattoni prima costavano 23 centesimi l’uno, oggi siamo passati a 70).
Siamo alle solite, c’è una misura che nasce con intenti encomiabili ma le previsioni di spesa e la gestione vengono sbagliate clamorosamente. L’impatto del Superbonus sul risparmio energetico (le famiglie hanno risparmiato sulle bollette), sull’occupazione e sull’economia è innegabile. È stato riqualificato il 4% del parco immobiliare italiano. Ricordiamoci, inoltre, che prima di questa misura l’edilizia era in ginocchio.
Come detto prima, però, hanno fallito le previsioni, i controlli, la gestione. La misura doveva finire presto, a dicembre 2021, eppure tutti i partiti, nessuno escluso, erano favorevoli alle proroghe. Chi doveva fare calcoli e previsioni?
Come per il reddito di cittadinanza, anche in questo caso serviva una pianificazione precisa. Sono errori clamorosi che si riflettono pesantemente sui conti pubblici, e sono inaccettabili in un’epoca in cui già l’inflazione ricade sui bilanci delle famiglie. Così come è inaccettabile che chi ha sbagliato rimanga ancora al suo posto.