A novembre prossimo si terranno le elezioni presidenziali degli Stati Uniti d’America. Si tratta di consultazioni che attirano la massima attenzione, nazionale e internazionale, per l’influenza che hanno su tutte le questioni globali.
Si sfideranno il candidato democratico e attuale presidente Joe Biden e il candidato repubblicano (ed ex presidente) Donald Trump.
Il voto per la Casa Bianca prevede almeno due duelli tv tra gli sfidanti. Il primo si è tenuto in questi giorni, e per Joe Biden, diciamolo subito, è stato disastroso. È apparso fragile, poco lucido, confuso, stanco, ha perso più volte il filo del discorso, quasi incapace di sostenere il confronto con l’avversario, tanto da fare interrogare i media e gli esponenti del suo partito su un eventuale cambio in corsa nella sfida alla Casa Bianca.
Manager, finanziatori e attivisti chiedono a Biden di ritirarsi dalle elezioni facendo strada a un candidato più giovane. L’establishment democratico, invece, è con lui, così come i governatori democratici. D’altra parte avendo vinto le primarie democratiche nessuno può sostituirlo contro la sua volontà, la decisone spetta solo a lui.
Joe Biden ha 81 anni, già oggi è il più anziano presidente di sempre, alla fine di un secondo mandato ne avrebbe 86. Dopo il dibattito in tv le preoccupazioni sulla sua età si sono amplificate, non è l’uomo di 4 anni fa, è sotto gli occhi di tutti. Soprattutto nell’ultimo anno ha dato più volte segni crescenti di un deterioramento delle capacità cognitive, con numerose gaffe (anche al G7 tenutosi in Italia), l’ultima due giorni fa: “io sono la prima vicepresidente nera” (ovviamente si riferiva a Kamala Harris, afroamericana, attuale vicepresidente).
Biden ammette di non essere in forma, e riconosce di aver perso il primo duello con Trump: “per poco non mi addormentavo sul palcoscenico, ma è colpa dei viaggi”. Si è trattato della classica pezza peggiore del buco se si tiene conto del fatto che i viaggi a cui si riferisce risalgono a 11 giorni prima del dibattito televisivo.
Nonostante le pressioni crescenti il presidente tira dritto e dice che resterà candidato fino alla fine. Come si comporterà nelle prossime settimane?
A mio avviso bisognerebbe andare avanti con lui, il tempo è poco e la storia ci insegna che spesso cambiare in corsa non porta alla vittoria. Il motivo è semplice: l’uscita di scena di Biden dovrebbe portare alla candidatura della sua vicepresidente, Kamala Harris, la quale non gode di grandissima popolarità nel partito. In questi giorni, infatti, si è parlato anche di altri possibili candidati, tra cui Michelle Obama e altri governatori. In sostanza ci potrebbe essere il rischio di un partito diviso in fazioni, ognuna con suo candidato, con il risultato finale di un candidato democratico debole, non sostenuto adeguatamente.
Trump non aspetta altro. Sarebbe meglio continuare con l’attuale presidente, giocarsi il tutto per tutto alle elezioni e poi eventualmente sfidarsi successivamente all’interno del partito, qualora Biden decida di ritirarsi nel corso del suo secondo mandato.
Sicuramente gli Stati Uniti non stanno facendo una bella figura in questo momento storico delicato, contrassegnato dalle guerre in Ucraina e Medio Oriente e dalle tensioni geopolitiche e commerciali con la Cina. Assistiamo sempre a dei ritorni (Trump) o a delle saghe familiari (Bush, Clinton, Obama e Michelle), senza alcun ricambio, senza facce nuove, quando invece servono freschezza e novità, considerate le sfide globali che ci attendono.
Concludo con uno scenario possibile. Biden potrebbe prendere atto dei problemi di salute che gli impediscono di andare avanti nella corsa e potrebbe ritirarsi, non prima, però, della Convention repubblicana che si terrà dal 15 al 18 luglio, per non dare vantaggi al rivale Trump. La Convention democratica invece si terrà a Chicago dal 19 al 22 agosto, e in quell’occasione verrebbe confermato il candidato democratico scelto. Ripeto, scenario possibile ma non il migliore, a mio parere, per il partito.