Codice Rosso è una legge del 2019 (primo Governo Conte) a tutela delle donne che subiscono violenze o maltrattamenti.
Nell’evoluzione della normativa italiana in materia di violenza sulle donne è sicuramente il provvedimento che ha inciso di più nel contrasto alla violenza di genere: maggiore tutela processuale delle vittime di violenza sessuale e domestica (con velocizzazione dei tempi dopo la denuncia della vittima di violenza, ovvero il magistrato la deve ascoltare entro tre giorni), introduzione di nuovi reati nel codice penale (lesioni permanenti al viso, revenge porn ovvero diffusione illecita di video sessualmente espliciti ecc.) e aumento delle pene.
Successivamente sono state approvate altre leggi che hanno previsto un’estensione delle tutele per le vittime, e proprio in questa settimana è arrivato in Senato (all’unanimità) il via libera definitivo al ddl Roccella contro la violenza sulle donne, che rafforza il Codice Rosso, con ulteriori tutele per le donne, misure cautelari potenziate, maggiore prevenzione del fenomeno (il giudice può imporre, con utilizzo di braccialetto elettronico, l’obbligo di mantenere una distanza di almeno 500 metri dai luoghi frequentati dalla presunta vittima) e tempi certi per i procedimenti.
È stata una settimana di discussioni e riflessioni dopo il femminicidio della 22enne Giulia Cecchettin da parte del suo ex fidanzato Filippo Turetta, arrestato in Germania dopo una 6 giorni di fuga con la sua auto ed estradato ieri in Italia.
In questi giorni abbiamo assistito a cortei, fiaccolate e interviste con pareri di politici, pedagogisti e psicologi. Il tema della violenza sulle donne è molto caldo, soprattutto se si pensa che ormai siamo arrivati a circa 110 femminicidi in Italia nel 2023.
Per femminicidio si intende un omicidio compiuto da un uomo nei confronti di una donna con alla base una dinamica di sopraffazione, di controllo o possesso da parte dell’uomo sulla donna stessa. In sostanza la donna viene uccisa in quanto donna. È un fenomeno purtroppo in crescita, diffuso in tutto il mondo, riguarda tutti i contesti sociali e, altro aspetto preoccupante, l’età media delle vittime si sta abbassando.
Personalmente credevo che inasprendo le pene si sarebbero ridotti i casi. Mi sbagliavo. Mi unisco a coloro che ritengano urgente una rivoluzione culturale. Serve la paura e l’educazione. La scuola è chiamata a intervenire.
Fondamentalmente a mio avviso va fatta prevenzione sul modo di intendere la relazione, la vita di coppia e il sesso: un’educazione agli affetti, con particolare riguardo alla gestione delle frustrazioni che inevitabilmente possono scaturire nella vita di coppia.
La gelosia è spesso alla base dei litigi che poi sfociano nell’omicidio. Gli uomini, che spesso godono di privilegi e poteri che le donne non hanno (società patriarcale), non accettano di essere respinti, per loro è un’umiliazione. Dopo anni di attenzioni e gentilezze, trovano ingiusto essere sostituiti, nella mente della donna, da altri maschi, magari più belli o facoltosi. L’educazione affettiva deve mirare proprio a questo, alla gestione delle gelosia, alla capacità di superarla e rifarsi una vita senza quella donna che non ti vuole più.
Di pari passo deve andare l’educazione sessuale: i ragazzi vanno informati ed educati sulla parità di genere anche nel sesso, per evitare che il loro unico riferimento diventino i siti porno, spesso misogini, che estremizzano il dominio assoluto dell’uomo, orientando i ragazzi stessi in maniera distorta.
Concludo con la leva militare obbligatoria sospesa nel 2005. Sarò anacronistico, ma è innegabile che la leva militare abbia sempre dato il suo contributo in termini di disciplina, temperamento e rispetto delle regole e dello Stato. Riattivarla, magari ripensata, non farebbe male alla formazione culturale dei ragazzi di oggi.