Ursula von der Leyen ha annunciato la composizione della nuova Commissione Europea che resterà in carica per i prossimi 5 anni e di cui è presidente: una lista di 26 commissari che, come i ministri di un governo nazionale, deterranno il potere esecutivo all’interno dell’Unione europea.
Nelle prossime settimane le persone nominate parteciperanno a delle audizioni al Parlamento europeo che, presumibilmente entro novembre, dovrà votare la Commissione proposta dalla presidente. Nella squadra ci sarà anche l’italiano Raffaele Fitto, esponente di Fratelli d’Italia e ministro (a questo punto dimissionario) degli Affari europei, Sud, Politiche di coesione e Pnnr nel governo di Giorgia Meloni.
Raffaele Fitto sarà commissario e vicepresidente esecutivo (i vicepresidenti saranno 8) con delega alla Coesione e alle Riforme. In sostanza si occuperà principalmente dei fondi europei che vengono stanziati ogni sette anni per finanziare i progetti nelle aree meno sviluppate dell’Unione (378 miliardi nel periodo 20121-2027): all’Italia spettano circa 43 miliardi, quasi tutti per le regioni del Sud. Gestirà inoltre i fondi del Pnnr insieme al commissario all’Economia e alla Produttività, il lettone Dombrovskis, che avrà un ruolo primario rispetto all’italiano. Marginalmente il nostro Raffaele Fitto interverrà anche su altri settori, dalla pesca all’agricoltura, dal turismo alle politiche abitative.
La nomina di Fitto a mio avviso è una grande vittoria del nostro premier Giorgia Meloni e dei suoi negoziati con Ursula von der Leyen. Ci sono state delle polemiche legate al fatto che Fratelli d’Italia aveva deciso di votare contro la nomina di von der Leyen a presidente della Commisione, ma quest’ultima ha capito bene che non è il caso di avere un cattivo rapporto con un presidente forte in patria come Giorgia Meloni, specialmente in questo momento di debolezza dei governi francese e tedesco. Da qui il dialogo con la parte meno estrema del gruppo dei conservatori e riformisti europei (ECR).
Le opposizioni criticano aprioristicamente la nomina europea di un ministro di centrodestra (ad eccezione di Renzi e Calenda che l’appoggiano) dimostrando di non riuscire proprio a superare le logiche interne. Il vero successo a mio avviso è proprio nell’incarico, perché Fitto sovrintenderà all’attribuzione dei fondi ai vari Stati membri, con particolare riguardo alle zone disagiate, nel nostro caso al Sud Italia, che mai come in questo momento ha bisogno di essere rilanciato.
Occasione ghiotta che non dovrebbe dispiacere più di tanto a partiti che proprio al Sud fanno incetta di voti, come il M5S e il partito democratico. D’altra parte il Parlamento europeo è soprattutto di sinistra, quindi si potrebbero attribuire anche loro i futuri risultati in materia di coesione sociale.
Raffaele Fitto, in passato presidente della Regione Puglia, è inoltre un politico meridionale e ha già seguito recentemente, nel governo Meloni, le questioni legate al Pnnr. In definitiva ci sono tutte le premesse per fare bene e dare un importante sostegno alle regioni italiane meno progredite.
La nomina di Fitto, e concludo, ha però costretto un po’ tutte le forze politiche italiane a tapparsi il naso e appoggiare la presidente della Commissione, che anche in questo caso si è mostrata abilissima stratega (non si resta a caso presidente della Commissione per 10 anni): le forze di destra saranno costrette a convivere con socialisti, verdi e liberali con cui Meloni aveva detto di non volere governare, quelle di sinistra, in primis il partito democratico, non potranno permettersi di bocciare il commissario italiano perché significherebbe sfiduciare la stessa Ursula von der Leyen.
Ora la parola passerà ai politici del Sud, che tra autonomia differenziata e fondi europei avranno, finalmente, sempre meno alibi.