Sergio Mattarella è stato eletto per la seconda volta Presidente della Repubblica italiana. È stato per sette anni un grande Presidente, apprezzato da tutti gli italiani, per cui non potrà che fare bene.
La sua elezione è stata però l’epilogo di una settimana incredibile, surreale, caotica, figlia di una mancanza totale di regia politica da parte di un Parlamento sgarrupato. Mattarella ha ripetutamente espresso negli ultimi mesi la sua contrarietà ad essere rieletto. Eppure il Parlamento non è stato in grado di trovare tra milioni di italiani una persona degna per quell’incarico.
Sicuramente l’elezione del Presidente della Repubblica rappresentava un passaggio delicato che avrebbe potuto portare alla rottura della maggioranza con conseguente crisi di governo ed elezioni anticipate, senza diritto alla pensione per deputati e senatori (servono 4 anni e mezzo di legislatura). Questo ha generato paura, anzi terrore, per cui, in quest’ottica, il nome di Mattarella era certamente garanzia di continuità. Dunque la legislatura è salva, sonni tranquilli per i nostri parlamentari. Meglio non rischiare, a costo di fare una figuraccia com’è successo.
Quando si elegge un Presidente della Repubblica i media e i cittadini si divertono nel capire chi sono stati i politici o i partiti vincitori o sconfitti, o chi è stato il kingmaker (il vero regista). A mio avviso hanno perso un po’ tutti, non vedo vincitori. Zero. Non ha vinto alcun partito, non ha vinto alcun politico, tutte le trattative sono saltate miseramente. Non ha vinto Mattarella, che non voleva essere rieletto (emblematica la foto del trasloco qualche giorno fa) e che, difronte al caos, ha deciso di accollarsi tutto il peso della responsabilità per non lasciare il Paese nella tempesta.
C’è stato però chi ha perso di più: il centrodestra. Il nostro scriteriato sistema elettorale non consente ad una forza politica di avere una maggioranza tale da poter decidere un nome, serve la capacità di imporre una persona a cui non si possa dire di no. In questa tornata l’onore e l’onere di fare un nome toccava alla coalizione di destra, che non solo non è riuscita nell’intento, ma addirittura si è spaccata. Alle precedenti elezioni toccò al Pd, Renzi fece il nome di Mattarella al 4 scrutinio e fine della partita.
In questa settimana invece i partiti di destra hanno esordito con una rosa di papabili che il giorno dopo erano già completamente spariti. Senza alcun criterio o strategia politica. Se fai un nome devi averlo concordato, almeno in parte, con le altre forze politiche, visto che non hai i numeri, o quanto meno devi essere quasi sicuro che possa piacere alla controparte, o metterla in imbarazzo difronte agli italiani in caso di un eventuale “no”. Niente di tutto ciò.
Da quando si sapeva che sarebbe arrivato questo momento? Bisognava organizzarsi prima ed arrivare pronti all’appuntamento, per evitare il rischio di andare a schiantarsi (com’è successo), lo sai già che ti aspettano tutti al varco. Non ci si può ridurre a trovare dei nomi in un quarto d’ora, di sera, nel corso di una riunione improvvisata e strampalata. Stiamo parlando del Presidente della Repubblica.
Alla quinta votazione il centrodestra ha puntato sul nome di Elisabetta Casellati, attuale presidente del Senato. È stata bocciata con un numero di voti addirittura inferiore a quello dei grandi elettori del centrodestra. Da qui uno scambio di accuse tra gli alleati sulla provenienza dei franchi tiratori. Una debacle incredibile che ha anticipato la rottura della coalizione, con Forza Italia che ha deciso di voler agire autonomamente nelle trattative e Giorgia Meloni che ha affermato la necessità di rifondare tutto il centrodestra.
Pd, M5S e Italia Viva hanno fatto poco, si sono limitati a mettere veti e a non intervenire più di tanto, vedendo l’avversario disorientato e claudicante.
Di sottofondo c’era la volontà trasversale di andare verso un nome che unisse tutti e garantisse la continuità della legislatura. Inizialmente l’uomo giusto in questo senso sembrava Mario Draghi. L’attuale premier è stato stoppato dal veto posto da Silvio Berlusconi, forse risentito per la mancanza di numeri che avrebbero potuto portare lui al Quirinale (non votate me perché votate Draghi che ha fatto capire di ambire al Colle?): fine dei giochi.
Senza i voti di Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia sarebbe stato difficile per Draghi spuntarla. E se fosse passato, ci sarebbero comunque state conseguenze sul futuro della legislatura. La sinistra non avrebbe rischiato. Mario Draghi a mio avviso, se avesse rifiutato l’incarico da premier, in queste elezioni per diventare Capo dello Stato avrebbe passeggiato. Avrà sicuramente le sue possibilità fra sette anni o ancora prima nel caso Mattarella decida di concludere anzitempo, come fece Napolitano.
Ora si vada avanti con la risoluzione dei problemi veri degli italiani. Buon lavoro Presidente Mattarella.