Ancora la questione migranti in primo piano, con una serie di eventi che hanno caratterizzato tutti i giorni della settimana.
Prima c’è stata la visita a Lampedusa della premier Giorgia Meloni e della presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen, che hanno constatato di persona la situazione sull’isola e mostrato la loro vicinanza. La visita è terminata con la promessa di risposte europee a sostegno dell’Italia (film già visto?).
Il Consiglio dei ministri, tenutosi il giorno dopo e durato solo un’ora, ha varato un pacchetto di misure sui migranti, che saranno inserite nel decreto legge Sud. La novità sarà l’allestimento di nuovi Centri di permanenza per il rimpatrio (Cpr), dove, altra novità, i migranti potranno rimanere per più tempo, fino a 18 mesi. L’intenzione è di raddoppiarli rispetto agli attuali dieci e collocarli lontano dai centri abitati, in località facilmente sorvegliabili. Si sta pensando agli aeroporti, alle basi navali o alle immancabili caserme (dove prima volevano mettere i carcerati, poi gli studenti senza casa e ora gli immigrati. Poi?).
In questi centri, dove verranno inviati anche immigrati irregolari e quelli condannati con sentenza non definitiva, saranno effettuati gli accertamenti per stabilire chi abbia il diritto alla protezione internazionale e chi, invece, riceverà il provvedimento di espulsione e rimpatrio.
Mercoledì la premier Meloni è intervenuta per la prima volta all’Assemblea generale dell’ONU e ha fatto un appello: dichiarare una guerra globale ai trafficanti di essere umani.
Il Presidente Mattarella venerdì, invece, ha dichiarato che il Patto di Dublino (siglato nel 2013: lo Stato competente per l’esame di una domanda di asilo è quello di primo ingresso) è ormai preistoria, essendo cambiato radicalmente il fenomeno migratorio rispetto al passato.
L’Italia, dunque, ha profuso il massimo sforzo sulla questione migranti, ad alta voce e in tutte le sedi. La risposta dell’Europa qual è? Eccola: la Francia fa sapere di non volere accogliere i migranti da Lampedusa e invia militari ai confini con Ventimiglia, l’Austria vuole intensificare i controlli alla frontiera del Brennero per i migranti in arrivo dall’Italia, mentre la stampa italiana è venuta in possesso di una lettera che il commissario Ue per gli affari esteri Josep Borrel ha inviato al collega ungherese e da cui si evince la non condivisone del patto che il governo italiano vuole siglare con quello tunisino (fondi europei alla Tunisia in cambio di un contenimento dei migranti).
Dove vogliamo andare? Nei vari incontri di questi mesi si è invocata la solidarietà europea, ma sembra abbastanza chiaro che non esista, facciamocene una ragione. I patti vanno cambiati, le regole vanno imposte, per solidarietà non fa niente nessuno. Purtroppo.
La novità dei Cpr (più numerosi e con maggiore permanenza dei profughi al loro interno) è utile, ma non ci fa assolutamente svoltare. Si prevedono 200 mila migranti nel 2023 (un’enormità) e si è calcolato che ad essere ottimisti circa il 20% avrà lo status di rifugiato. Gli altri andrebbero rimpatriati tutti (circa 150 mila). Cosa praticamente impossibile se si pensa che nel 2022 i rimpatri forzati sono stati (con molte difficoltà) solo 3200.
E poi trovo davvero disumano rinchiudere delle persone per un anno e mezzo in una sorta di carcere dopo mesi di attesa e sofferenze. Abbiamo a che fare con essere umani, non perdiamolo mai di vista. Il fenomeno va arginato diversamente.
La nostra premier fa qualche proposta (l’unica a farle, perché la più interessata), come dare più fondi ai Paesi africani, o aumentare i controlli aerei e navali ai confini, ma sembrano proposte inascoltate. A mio avviso bisogna andare in Africa, piazzare le bandiere dell’Europa e fare i controlli ai loro confini. Non c’è altra soluzione.
Altrimenti, come detto qualche settimana fa, occorre fare qualcosa che susciti clamore, come potrebbe essere dirottare, in sicurezza, una nave di profughi in un altro paese europeo, infrangendo le regole. In definitiva serve il gesto eclatante.