Braccio di ferro tra governo e 4 navi Ong (2 norvegesi e due tedesche) arrivate nei porti italiani con centinaia di migranti a bordo.
Il governo ha adottato immediatamente una linea dura varando un decreto che impone alle navi Ong che arrivano nei porti italiani di fare valutare le reali emergenze a bordo: sbarcano solo i fragili, gli altri devono tornare in acque internazionali. L’applicazione di questo provvedimento alle navi ferme nei nostri porti ha suscitato polemiche con l’opposizione (Letta: “la selezione dei disperati è un’aberrazione”) e in Europa.
Le visite mediche hanno poi condotto allo sbarco di tutti i migranti a bordo, essendo stati dichiarati tutti fragili per i “possibili rischi di problemi psicologici”. In realtà una delle 4 navi Ong, la norvegese Ocean Viking, ha chiesto e ottenuto di attraccare in Francia, inizialmente si pensava per un colloquio tra la premier Meloni e il presidente francese Macron, successivamente si è capito che la richiesta era legata ad una volontà della nave Ong stessa che riteneva l’Italia non più un porto sicuro.
Con la Francia è però subito scontro, con i transalpini che definiscono inaccettabile, irresponsabile e disumano il comportamento dell’Italia, che deve rispettare gli impegni europei in quanto prima beneficiaria di un meccanismo di solidarietà.
In sostanza per venire incontro agli Stati più esposti (Italia, Grecia e Spagna), in questo periodo di guerra in Ucraina, è stato firmato a giugno un accordo in Lussemburgo: ogni Stato si impegna per solidarietà ad accogliere un numero di migranti proporzionale al Pil e alla popolazione, in alternativa versa dei contributi a favore dei paesi che accolgono.
La Francia dopo lo scontro ha annunciato lo stop a questo meccanismo di solidarietà per mancanza di fiducia col nostro paese: non accoglierà 3500 profughi entro la prossima estate come da accordi (rischiamo, inoltre, di non ricevere più i fondi). Una reazione definita esagerata dal governo italiano. Tra i due Stati è piena crisi diplomatica.
L’Italia, però, mostra la sua fermezza anche con un altro concetto espresso in settimana dal ministro della Giustizia Carlo Nordio, secondo il quale se è vero che, per gli scriteriati accordi di Dublino, l’accoglienza spetta al paese di primo approdo, è anche vero che se una nave straniera in acque internazionali fa salire dei migranti a bordo lo Stato di primo accesso deve essere considerato quello della bandiera di quella nave.
In definitiva è riesplosa la questione dei migranti. Personalmente ritengo che ormai l’argomento sia davvero stucchevole. Gli accordi di Dublino ci penalizzano, ormai è evidente, ci rendono il ricettacolo dell’immigrazione. L’Italia ha tentato più volte di scalfirli senza riuscirci.
Nel 2018 il governo gialloverde (Lega-M5S) affrontò il tema con fermezza, sia nei Consigli europei che con impedimenti di sbarchi che costarono all’allora ministro dell’Interno Salvini un avviso di garanzia per sequestro di persona. Il governo riuscì a ottenere il ricollocamento dei migranti su base volontaria da parte dei Paesi europei, che avrebbero accolto volontariamente i migranti. Fu un mezzo flop.
Poi è arrivato il Covid e la questione è stata momentaneamente accantonata. Adesso si riparte, con una linea dura e forse un pizzico di propaganda da parte dell’attuale governo italiano, ma anche con tanta ipocrisia da parte dell’Europa.
A mio avviso se la legge c’è va rispettata, altrimenti non esisterebbe la civiltà. Gli accordi di Dublino sono stati raggiunti in una fase storica diversa da quella attuale, e l’Italia fu poco lungimirante. Bisogna trattare con l’Europa per superarli una volta per tutte, altrimenti la musica non cambierà. È difficile ottenere questo risultato, perché a parole tutti gli Stati sono generosi e responsabili, nei fatti neanche a parlarne.
Certamente è sbagliato pensare che gli altri Stati non siano interessati dal fenomeno migratorio. I disperati del mare arrivano anche lì, anche se in percentuale decisamente minore, ma gli altri paesi accolgono anche molti migranti via terra.
A breve ci saranno due vertici europei, prima il Consiglio per gli Affari Esteri che si terrà a Bruxelles settimana prossima e poi la riunione straordinaria dei ministri degli Interni richiesta dalla Commissione europea per fine novembre.
È importante dimostrare che davvero il meccanismo di solidarietà non stia funzionando. Con i numeri. Altrimenti anche loro avrebbero le loro ragioni: cara Italia, stipuliamo un accordo ogni sei mesi e non vi va bene mai niente? Se i dati ci danno ragione, solo allora, alzeremo la voce e non punteremo nè sulla solidarietà nè sulla volontarietà degli altri Stati. Vanno riscritti i patti con zero fiducia verso tutti. Accetteranno? Ne dubito.