Da decenni si parla periodicamente della costruzione del ponte sullo stretto di Messina, un progetto storicamente molto caro ai partiti di destra e spesso al centro del dibattito pubblico.
Ci hanno provato in tanti, senza successo. L’ultimo governo di Silvio Berlusconi ci andò vicino nel 2011, ma l’anno dopo il governo Monti bloccò il progetto. Ora potremmo essere finalmente arrivati ad una svolta.
In settimana il Senato ha approvato in via definitiva la conversione in legge del decreto (già approvato dalla Camera) varato a marzo dal Consiglio dei ministri, che prevede la ricostituzione della “Stretto di Messina Spa” (creata nel 1981 e messa in liquidazione nel 2013), la società che dovrà realizzare il collegamento tra la Calabria e la Sicilia.
Cosa c’è nel progetto di questa opera colossale? Innanzitutto sarà il ponte più lungo al mondo nella tipologia di ponte a campata unica (la campata è la distanza tra due appoggi consecutivi del ponte), 3,3 km. Attualmente il record è detenuto dal ponte giapponese Akashi Kaikyo lungo 1,9 km. Sarà alto 65 metri dalla superficie del mare, consentendo così anche il passaggio di navi di grandi dimensioni.
Il ponte avrà sei corsie stradali (tre per ciascun senso di marcia) e due binari ferroviari, e avrà una resistenza a sismi fino a una magnitudo di 7.1 della scala Richter (per fare un paragone il terremoto che colpì L’Aquila nel 2009 ebbe una magnitudo di 5.9). L’opera costerà 14 miliardi mentre i lavori dovrebbero iniziare materialmente nell’estate 2024, con l’obiettivo di rendere il ponte transitabile nel 2032.
Il sì del Senato, che ha fatto diventare legge il progetto, ha ricevuto le critiche delle opposizioni (ad eccezione di Azione e Italia Viva), perplesse soprattutto sulle coperture finanziarie.
Personalmente sono favorevole al ponte, senza se e senza ma. Finalmente vedo per il sud solo vantaggi, in termini occupazionali, di mobilità e di turismo, mentre per i finanziamenti ci daranno una mano i fondi europei e i pedaggi autostradali.
Si è calcolato che l’infrastruttura porterà fino a 100 mila posti di lavoro, per opere stradali e ferroviarie da svolgere anche sulla terra ferma in prossimità del ponte, sia in Calabria che in Sicilia, con conseguente decongestione del traffico nelle città dello Stretto. La Sicilia, inoltre, sarà meno isolata e più tranquilla nelle emergenze. Anche i dubbi sull’elevato rischio sismico della zona sono stati dissipati dalle sempre più affinate conoscenze ingegneristiche e ambientali.
Infine guardiamo cosa succede nelle altre parti del mondo: vengono costruiti ponti giganti per unire due isolette e noi abbiamo dubbi se costruire un collegamento diretto con una regione popolosa e prestigiosa come la Sicilia?
Il governo sta dando un bel segnale, mostrando attenzione verso il sud, e la maggioranza di cui gode potrebbe finalmente portare a compimento il progetto. Le cose si fanno quando i governi sono stabili, l’Italia ha bisogno di questo.