È cominciato in Parlamento l’iter del disegno di legge sulla giustizia approvato la scorsa settimana in Consiglio dei ministri. Si tratta di una delle riforme più attese, che in decenni di governo nessuno è riuscito ad attuare veramente, se si esclude l’approvazione di singoli provvedimenti.
Il testo presenta diversi punti che hanno portato a scontri con la magistratura, a critiche da parte dei giornalisti, a spaccature nelle opposizioni (Italia Viva e Azione mostrano una certa apertura) e a qualche malcontento nella stessa maggioranza (per l’eccessiva tensione generata con i giudici). Ma il ministro Carlo Nordio tira dritto e, visti i numeri alle Camere, questa volta potrebbe essere quella buona.
Le modifiche al codice penale e al codice di procedura penale sono diverse, ma le novità che hanno fatto più discutere sono l’abolizione del reato di abuso di ufficio, la limitazione alla divulgazione delle intercettazioni e il divieto per il pubblico ministero di ricorrere in appello dopo una sentenza di assoluzione decisa dal giudice al primo grado di giudizio.
Con l’abuso d’ufficio si punisce l’illegittimità di un atto amministrativo. I sindaci, anche di sinistra, si sono sempre lamentati di questa norma per l’indeterminatezza della condotta illecita, che a loro dire li metteva sempre a rischio di essere indagati, spingendoli quindi ad evitare di assumersi responsabilità decisionali anche su provvedimenti banali, la cosiddetta “paura della firma”.
I magistrati criticano il provvedimento del ministro in quanto il reato di abuso d’ufficio potrebbe, secondo loro, fare scoprire reati più grossi come quelli di corruzione. Tuttavia si tratta di processi che nella stragrande maggioranza dei casi non sono arrivati a condanna (9 condanne su 5000 processi).
A mio avviso la legge aiuterà a superare questa amministrazione paurosa e difensiva. Una paura che ormai interessa anche altri settori: i medici (medicina difensiva), le forze dell’ordine e i professori nelle scuole, che agiscono sempre con il timore di incorrere in qualche meandro della giustizia. In tutti i casi la vittima finale è il cittadino che spesso non avrà le risposte o l’assistenza che merita. Tornando all’abolizione del reato di abuso d’ufficio, resterebbero comunque tanti modi per denunciare condotte illecite degli amministratori.
Capitolo intercettazioni: con la nuova legge verrebbe consentita la pubblicazione delle sole intercettazioni citate negli atti dei giudici (per esempio nelle motivazioni di un provvedimento) o quelle usate durante il dibattimento. Il testo ha attirato le critiche dei giornalisti, che parlano di una limitazione della libertà di stampa, e di qualche magistrato secondo cui le intercettazioni potrebbero contenere elementi di interesse pubblico.
Personalmente sono a favore delle intercettazioni, anche se molto costose, ma contrario alla loro divulgazione quando ledono la dignità e l’onore di terze persone che vengono coinvolte senza essere interessate nelle indagini. Non se ne può più. Si tratta di scoop inutili e ingiusti, che quasi mai hanno interesse pubblico, ma solo scandalistico.
Altra modifica molto dibattuta è lo stop all’appello dopo una sentenza di assoluzione. In realtà la legge prevede che il PM non possa ricorrere in appello solo nei casi di minore gravità (in verità non ancora specificati), mentre nei fatti gravi questa possibilità rimane.
Concordo con la modifica: da sempre ci lamentiamo della lentezza della giustizia, ben venga questa proposta. Spesso si tratta di reati piccoli che con le loro lungaggini inceppano una macchina che deve provvedere alla risoluzione di reati ancora più grandi. Inoltre si dà più dignità e responsabilità anche al giudizio di primo grado, che nell’immaginario collettivo, essendo superato sistematicamente dai giudizi di grado più alto, sembra essere sempre più inutile.
In definitiva si prospetta finalmente l’occasione di riformare la giustizia, il ministro appare molto determinato e il progetto presentato è molto vasto. Con i numeri di questa maggioranza c’è anche la possibilità di un iter spedito. Qualcuno reclama la famigerata separazione delle carriere fra magistrati (un giudice non dovrebbe mai potere fare il pubblico ministero e viceversa), ma il ministro ha già anticipato che prima ci saranno le leggi ordinarie (come questo ddl appena approvato) e poi si passerà alle modifiche costituzionali.
Il progetto è davvero ambizioso. A mio avviso serve una scossa, se non altro per superare il paradosso insopportabile di una giustizia di cui hanno paura le persone per bene e di cui non hanno paura per niente i delinquenti.