Dopo mesi di dissidi tra Beppe Grillo, fondatore del Movimento 5 Stelle, e Giuseppe Conte, presidente del partito, si è tenuta 15 giorni fa l’Assemblea costituente in cui gli iscritti del partito hanno votato online per la modifica di diverse regole all’interno del Movimento, per definire il posizionamento politico del partito e per la scelta sulle alleanze.
Il risultato è stato il seguente: abolizione della figura del Garante (azzerando così i poteri di Grillo e dando più autonomia a Conte), aumento del numero massimo dei mandati da 2 a 3 per i propri membri eletti in cariche pubbliche, possibilità di modificare nome e simbolo del partito. Per quanto riguarda il posizionamento politico gli iscritti hanno deciso di definire il partito “progressista indipendente” collocandolo di fatto nel centrosinistra e superando l’ambiguità del passato (non si è mai capito veramente se il partito avesse idee di sinistra o di destra).
In sostanza sono stati fatti fuori Beppe Grillo e tutti i principi del suo Movimento. Il giorno dopo il voto lo stesso Beppe Grillo ha però esercitato il suo diritto, previsto dallo statuto del partito, di chiedere la ripetizione della votazione, per cui in questo fine settimana si sta di nuovo votando sugli stessi quesiti costituenti.
Nella prima tornata il 62% aveva votato per l’abolizione del garante e il 72% per il superamento dei due mandati. Vedremo quale sarà il risultato di queste seconda e ultima consultazione.
In settimana Grillo sì è presentato alla guida di un carro funebre per celebrare metaforicamente il funerale del Movimento, un macabro show che forse chiude definitivamente il capitolo M5S. A mio avviso, però, il Movimento è già morto da un bel pezzo. A Grillo vorrei fare questa domanda: perché non si è celebrato il funerale quando il Movimento 5 Stelle, che in origine prometteva di prendere le distanze dalla destra e dalla sinistra, in pochi anni è passato dal far parte di un governo di destra sovranista e populista con la Lega (gialloverde) a uno di sinistra ed europeista con il Pd (giallorosso), a uno di responsabilità con Mario Draghi (con cui trattò Grillo direttamente) allargato a tutte le forze politiche? Si sono alleati con tutti pur di non perdere il potere, proprio loro che avrebbero dovuto aprire il Parlamento come una scatoletta di tonno. Per Grillo non si era già allora persa l’identità del partito?
Altra cialtronata è il vincolo dei due mandati, nato dall’idea populista di impedire che la politica diventasse una professione. Inizialmente stava bene a tutti, col passare degli anni invece, quando il tempo stava inesorabilmente scadendo per i dirigenti più noti, la regola ha cominciato a vacillare: altro calcio all’identità e alla dignità del partito.
Passiamo ai numeri. Il partito dell’”uno vale uno” (tanto da volere cancellare il doppio mandato perché un candidato più noto vale più di uno non noto), della cancellazione della povertà e dello streaming è passato in pochi anni dal 33% a percentuali irrisorie. I risultati sono deludenti, e non solo a livello locale (dove il Movimento è quasi sparito) come vogliono far credere i pentastellati. Alle elezioni europee di giugno il partito è sceso sotto il 10% per la prima volta in un test nazionale. È in caduta libera. Quando le cose vanno così male serve cambiare i vertici del partito, funziona così in qualsiasi ambito.
Conte è stato nominato presidente del Consiglio senza avere fatto mai politica prima. Terminato l’incarico si è visto affidare un partito. Personalmente ritengo che sia più facile passare da capo di partito a presidente del Consiglio che viceversa. Mario Monti fece un percorso analogo a quello dell’ex avvocato del popolo, e andò male ugualmente.
Concludo con un altro rebus lanciato da Grillo in settimana: il Movimento è morto ma “l’humus che c’è dentro non è morto”. La frase sembra far capire che nascerà un nuovo soggetto politico. A mio parere l’unica persona in grado di riaccendere gli animi delusi potrebbe essere Di Battista che, superato da Di Maio quale capo del partito, si era messo da parte con la speranza di rientrare in gioco, da leader, dopo i due mandati vincolanti dei dirigenti del Movimento. Non aveva fatto i conti, però, con coloro che una volta accaparrato il potere non vogliono più disfarsene.
C’è da chiedersi tuttavia se i cittadini avranno ancora voglia di affidare il proprio disagio e i propri risparmi a delle persone brave a urlare e a promettere ma che in precedenza non hanno amministrato neanche un condominio.