Le elezioni regionali in Liguria sono state vinte dal centrodestra dopo un testa a testa durato tutto il pomeriggio con sorpassi e controsorpassi tra il candidato di centrodestra Marco Bucci (ex sindaco di Genova) e quello del campo largo (sinistra e centro) Andrea Orlando (ex ministro Pd).
Una dura sconfitta per il centrosinistra, anche se di misura (48.8 contro 47.3), trattandosi di una partita che sembrava vinta in partenza sia perché parliamo di una Regione storicamente di centrosinistra sia perché la legislatura precedente era terminata in maniera drammatica con l’inchiesta sull’ex Governatore di centrodestra Giovanni Toti, finito agli arresti domiciliari per quasi 3 mesi.
Ad essere stato sconfitto è il campo largo, non il Pd, che anche in questa tornata ha dimostrato di essere in salute: è stato il primo partito con il 28%, è cresciuto di 8 punti rispetto alle precedenti elezioni in Liguria e di 4 punti rispetto alle Europee, ha superato di ben 14 punti il partito della premier, Fratelli d’Italia (anche se nelle elezioni locali contano molto le liste civiche, per cui c’è un coinvolgimento diverso rispetto alle elezioni nazionali), e ha battuto nettamente il centrodestra a Genova, dove aveva governato Marco Bucci.
Tuttavia se da un lato il risultato premia il Pd, dall’altro ha messo a nudo tutte le difficoltà del campo largo, e di questo la colpa è, almeno in parte, dello stesso Partito democratico, che avendo la leadership tra le forze di opposizioni, si sta mostrando incapace di creare intorno a sé un’alleanza in grado di essere alternativa al centrodestra.
Le motivazioni che hanno portato alla sconfitta della coalizione di centrosinistra in Liguria sono diverse, e in parte coincidono con quelle che non consentono al campo largo di decollare a livello nazionale. Innanzitutto cito le discussioni interne alla coalizione, prima sul nome del candidato e poi sulle forze politiche che avrebbero dovuto sostenerlo. L’esclusione di Italia Viva per il veto di Giuseppe Conte non è altro che l’espressione di una politica concepita come scontro personale, che non paga quasi mai. Con i voti di Renzi magari il risultato sarebbe stato diverso, difficile dirlo.
C’è poi da considerare il crollo del M5S, sotto il 5%, che sicuramente non aiuta la coalizione. Per il Movimento è stata una disfatta, arrivata dopo lo scontro, quasi divertente, tra Conte che scarica Grillo e quest’ultimo che invita Conte a fondare un nuovo partito perché il Movimento non esiste più, non risparmiando critiche, tra l’altro, ai candidati “catapultati dall’alto” (non ci sarebbe più la democrazia diretta).
A tutto questo si aggiunga l’inconsistenza dell’area di centro, andata malissimo, a dimostrazione che ormai i cittadini vogliono scegliere tra due forze, come succede in America. Il sistema tripartitico non piace, chi va al centro rimedia solo figuracce.
Spostandoci a livello nazionale credo che i mali della coalizione di centrosinistra siano tutti riconducibili all’incapacità di anteporre la coalizione all’interesse di partito. Le forze di sinistra non hanno ancora capito che conta vincere, ne gioverebbero tutti, sia quelli che comandano che quelli che non comandano. Il pluralismo è presente in tutte le coalizioni, è sicuramente un valore aggiunto, tuttavia serve anche una certa disciplina, che attualmente a destra c’è mentre a sinistra no.
Capisco la voglia dei leader di primeggiare rispetto agli altri capi di partito, ma serve anche sapere aspettare il proprio momento. A destra non è passato il treno per Salvini quando era il suo momento (anche se puoi lavorare per farlo passare come riesce benissimo a Renzi), è passato invece quando è stato il momento di Giorgia Meloni, che nei periodi in cui era sotto il 10% ha sempre combattuto, anche nelle dichiarazioni, per una vittoria di squadra.
A sinistra, inoltre, manca la capacità di formulare proposte, come successo proprio in Liguria, con una campagna tutta incentrata sulle questioni giudiziarie. In definitiva agli elettori interessano principalmente la coesione delle forze politiche e i programmi.
Da quando è al governo Giorgia Meloni, e concludo, il centrodestra, tra Regioni e Province autonome, ha vinto 11 volte su 12 (in Sardegna ha vinto il campo largo per un numero di voti addirittura inferiore a quello della vittoria della destra in Liguria), con ben 14 regioni governate dal centrodestra. Le prossime elezioni regionali si terranno il 17-18 novembre p.v. in Umbria ed Emilia Romagna. La sinistra dovrà darsi una regolata, altrimenti non si parlerà più di campo largo ma di cappotto larghissimo.