Scontro durissimo in settimana tra il Presidente del Consiglio Mario Draghi e il leader del M5S Giuseppe Conte sulla questione delle spese militari.
Tutto parte da un vertice tenutosi in Galles nel 2014 in cui l’Italia e gli altri Stati membri della NATO si erano impegnati a portare le spese militari al 2% del prodotto interno lordo (PIL) entro il 2024.
Dopo tale vertice le quote destinate alle spese militari sono aumentate progressivamente, mantenendosi comunque lontane dal 2% del PIL. La guerra in Ucraina ha spinto l’attuale governo ad accelerare questo processo, e Draghi, ad inizio settimana, si è detto determinato ad aumentare le spese destinate alla Difesa (“più di quanto abbiamo fatto finora”) e raggiungere l’obiettivo prefissato del 2% entro il 2024.
Giuseppe Conte, che col suo governo aveva comunque provveduto ad aumentare le spese militari, si è detto contrario ad un incremento così consistente e in così poco tempo (“il Paese in questo momento ha altre priorità”). A suo parere vanno rispettati gli impegni presi con la NATO, ma con una maggiore gradualità, quindi con tempi più dilatati, ben oltre il 2024.
Alla fine si è optato per una via di mezzo, grazie anche alla mediazione del Partito Democratico: obiettivo del 2% da raggiungere entro il 2028. Un compromesso, quindi, tra il 2024 auspicato da Draghi, Forza Italia, Fratelli d’Italia e Italia Viva, e il 2030 richiesto dal M5S.
Il dibattito ha rischiato di creare una frattura insanabile nel governo, tanto che Draghi ha parlato di “patto di maggioranza a rischio”. Si è arrivati ad una decisone condivisa, ma lo scontro è destinato a pesare sulla maggioranza nelle prossime settimane.
Come scrissi qualche settimana fa, superato lo scoglio dell’elezione del Capo dello Stato (che avrebbe potuto portare ad una crisi di governo e al voto anticipato), l’ultima fase della legislatura sarà caratterizzata da una lunga campagna elettorale, con toni sempre più accesi, alla faccia della responsabilità tanto invocata per ogni occasione nella prima parte della legislatura.
Un’eventuale crisi di governo provocata nei prossimi mesi avverrebbe, infatti, dopo il raggiungimento del limite temporale previsto per acquisire il diritto alla pensione (4 anni e mezzo di legislatura). Si tratterebbe, quindi, di una crisi che non fa più paura a nessuno.
Prepariamoci dunque a beghe di partito (per ora frenate, in parte, dal conflitto ucraino), infinite, logoranti, che impediranno a Mario Draghi di governare e di essere riproposto come premier nel caso, molto probabile (vista la legge elettorale farlocca), che nel 2023 ci siano elezioni senza vincitori.
Torniamo alle spese militari. Per me il dibattito è a dir poco surreale, vista la guerra in corso che, a differenza delle altre più recenti, si svolge non lontanissimo dai nostri confini e ci vede coinvolti quali membri della NATO. Basta una parola fuori posto, una decisione improvvida da parte di uno qualsiasi dei Paesi membri dell’Alleanza e saremo dentro anche noi.
Purtroppo c’è ancora gente che considera quasi inutili le spese militari, come se si trattasse di risorse da dirottare direttamente nelle tasche di persone che stanno nelle caserme in attesa di eventi che non arriveranno mai o che vanno all’estero in missioni militari incomprensibili. Poi arriva una guerra e le stesse persone che hanno avuto questi pensieri diranno: “i soliti mezzi militari italiani fatiscenti”, “siamo militarmente deboli” ecc.
La Difesa è da considerare un’esigenza primaria, una priorità. Punto. Non rispettare gli impegni presi con un’Alleanza militare di cui facciamo parte rischia di mettere in forse la credibilità e l’affidabilità italiane in Europa e nella NATO stessa.
Le priorità legate alla crisi economica esistono, ma non per questo le spese militari devono essere considerate un ostacolo alla spesa sociale. I denari spesi per la Difesa non riguardano solo l’acquisto di armi come qualcuno potrebbe pensare.
È importante acquistare equipaggiamenti più moderni per sostituire quelli vecchi, fare la manutenzione e aggiornare i mezzi militari in dotazione, addestrare in maniera continua e adeguata il personale militare, garantire un ricambio generazionale e mantenere bassa l’età media. In definitiva i soldi servono e vanno messi sul piatto.
Quando ci sarà da mandare uomini per difendere la Patria esalteremo i nostri militari, saranno coraggiosi, quasi degli eroi. Nei momenti di pace (per fortuna la maggior parte) ci dimenticheremo di loro, e le Forze Armate verranno viste quasi come uno dei tanti stipendifici italiani.
Un po’ come successo ai medici durante la pandemia: inizialmente osannati dai politici e applauditi da tutti davanti agli ospedali, hanno successivamente dovuto combattere in tutte le sedi per avere riconosciuto un risarcimento da destinare ai camici bianchi morti di Covid. Ingratitudine allo stato puro.