Martedì scorso la Finlandia è entrata ufficialmente nella NATO con una procedura lampo.
La domanda era stata presentata recentemente insieme alla Svezia la cui candidatura è stata invece fermata, per ora, dal veto della Turchia e dell’Ungheria, che inizialmente si erano opposte anche all’ingresso della Finlandia (per far parte dell’Alleanza è necessaria l’approvazione di tutti i paesi membri).
La Turchia accusa i paesi nordici di non fare abbastanza contro le organizzazioni terroristiche curde, accogliendone addirittura alcuni membri, mentre l’Ungheria si sente accusata da loro di scarsa democrazia. Per la Finlandia sono serviti dunque dei negoziati, che presto riprenderanno per l’adesione della Svezia, prevista per luglio.
Helsinki è il trentunesimo membro della NATO, l’alleanza militare che comprende Stati Uniti e buona parte degli Stati europei, nata alla fine della seconda guerra mondiale (1949) per contrastare l’influenza dell’Unione Sovietica in Europa.
Farne parte significa ricevere protezione militare (l’articolo 5 dice che un attacco a uno o più paesi membri è considerato come un attacco diretto a tutti i paesi) ma implica anche degli obblighi: i paesi membri devono essere democrazie sotto il controllo civile (la leadership spetta alle forze politiche elette dal popolo, non a quelle militari), devono rispettare la sovranità degli altri paesi, devono destinare almeno il 2% del Pil alla spesa militare e devono partecipare alle missioni e alle esercitazioni militari congiunte.
L’adesione della Finlandia rappresenta un allargamento verso nord della NATO, ed è l’espressione di un fallimento della strategia militare russa, che mirava ad indebolire l’Alleanza sperando in un disaccordo tra i paesi occidentali. Questo non è avvenuto, anzi l’effetto è stato l’esatto opposto: la NATO si è compattata e allargata. L’invasione russa dell’Ucraina ha infatti generato paura nei paesi nordici, fino a quel momento convintamente neutrali, spingendoli verso l’Alleanza.
Cambieranno sensibilmente, dunque, gli equilibri strategici e militari europei, con la Nato che si estende in Europa e la Russia che perde la sua superiorità strategica nell’area baltica. Il risultato potrebbe essere una maggiore militarizzazione lungo i più estesi (venendo meno gli spazi di neutralità) confini Nato-Russia con dispiegamento di armi nucleari.
Il Cremlino non ha preso bene l’ingresso di Helsinki nella NATO, visto come una minaccia per la sicurezza della Russia, e ha annunciato provvedimenti che saranno resi noti “a tempo debito”. In definitiva volano scintile, e anche se la NATO è un’alleanza strettamente difensiva, il contatto diretto e ravvicinato con la Russia, un paese bellicista, rappresenta un’incognita per il futuro geopolitico di tutto il mondo.
In questo scenario il ruolo di grande manovratore ce l’ha, a mio avviso, ancora una volta l’America, pronta a schierare le proprie forze nello spazio Indo-Pacifico in funzione anti-Cina, e in quello Baltico in funzione anti-Russia. L’invasione dell’Ucraina ha dato il via ad una vera e propria partita di Risiko.