Dopo l’arresto del super boss mafioso Matteo Messina Denaro il dibattito politico si è spostato sul ruolo fondamentale che hanno avuto le intercettazioni nella sua cattura.
A fare discutere sono state soprattutto le posizioni del ministro della Giustizia, Carlo Nordio, magistrato in pensione, che da sempre si è schierato contro la divulgazione delle intercettazioni (“talvolta costituiscono uno strumento micidiale di delegittimazione personale e politica”) e per un loro utilizzo limitato ai reati gravissimi, quali quelli di mafia e terrorismo, escludendole per i reati minori.
Da ministro è sua intenzione riformare le intercettazioni, non condividendo pienamente le leggi che ne stabiliscono le modalità di utilizzo durante le indagini e la frequente diffusione non autorizzata sulla stampa. L’intenzione di riformare le intercettazioni (limitandole ai reati minori) ha sollevato obiezioni nelle opposizioni di governo ma anche nella maggioranza.
Forza Italia, più garantista (più rispettosa delle garanzie delle persone indagate o imputate) si è schierata con il Guardasigilli, mentre Lega e Fratelli d’Italia (più giustizialisti) non si sono mostrate del tutto d’accordo. A questo punto è intervenuta la premier Meloni confermando piena fiducia al ministro Nordio e ai prossimi provvedimenti che saranno presi in tema di giustizia.
Le esternazioni del ministro hanno suscitato critiche anche da parte di alcuni magistrati, contrari all’esclusione delle intercettazioni per i reati minori, ritenendole uno strumento investigativo da utilizzare a 360 gradi. Vedremo come si muoverà il governo in tema di giustizia e che riforma intenderà fare, non solo in merito alle intercettazioni. In questi giorni Silvio Berlusconi ha dichiarato: “la riforma della giustizia è una delle ragioni per le quali è nato questo governo”. È risaputo che la materia stia molto a cuore al leader forzista.
Tornando alle intercettazioni, personalmente credo che rappresentino uno strumento irrinunciabile per ogni tipo di reato. Hanno un costo sicuramente, richiedono del tempo e tante risorse, ma sono fondamentali per avere giustizia. Certamente non vanno utilizzate per il furto di una mela, ma non possiamo limitarle ai solo reati di mafia e terrorismo. Lo strumento c’è, funziona, e va utilizzato. Spenderemo meno per altre cose. La giustizia va pretesa a tutti i livelli, e spesso dai reati minori si aprono piste che conducono a reati più gravi quali quelli di mafia. Si tratta dei reati satelliti, quale potrebbe essere la corruzione.
Concordo con il ministro, invece, per quanto riguarda la necessità di evitare che le intercettazioni vengano diffuse sulla stampa senza autorizzazione, colpendo l’onore di cittadini onesti e totalmente estranei ai fatti.
Le intercettazioni, che possono essere telefoniche, ambientali (ottenute con microspie), telematiche (acquisizione di dati in rete) o fatte con un “trojan” (un virus installato in uno smartphone), devono essere intese come uno strumento per arrivare a delle prove, non come delle prove stesse, questo è un concetto che non deve mai essere perso di vista. Sono uno strumento di indagine che non deve assolutamente essere diffuso, semplicemente perché è ingiusto, non trattandosi di prove certe, e in più viola la privacy della persona, spesso innocente.
Se tuttavia ci sono delle intercettazioni (quali quelle che riguardano i crimini contro la sicurezza dello Stato) che rimangono segrete perché è facilmente individuabile chi deve garantirne la segretezza, ce ne sono altre, quali quelle giudiziarie, chieste dal pubblico ministero, che transitano attraverso numerosi uffici, dunque più difficili da mantenere segrete, e raggiungibili da giornalisti più esperti.
A mio avviso questo meccanismo deve essere fermato. E credo sia abbastanza semplice. In presenza di intercettazioni pubblicate verrà chiesta la fonte al giornalista autore dell’articolo. Non me la riveli? Vai in galera per una gravissima violazione della privacy. Me la riveli? Andrà in galera l’altro e tu sarai punito in qualche modo.
Le intercettazioni potrebbero rappresentare solo l’inizio della riforma della giustizia che l’attuale governo vorrà attuare. Mi sembra che siamo partiti col botto.