Sono diventate un caso politico le immagini di Ilaria Salis ammanettata mani e piedi e incatenata nel tribunale di Budapest.
Si tratta di una maestra elementare, 39 anni, militante antifascista, arrestata nel febbraio 2023 proprio a Budapest con l’accusa di lesioni aggravate per avere aggredito, insieme ad un gruppo di estrema sinistra, due manifestanti di estrema destra tra il 9 e il 10 febbraio.
In base alla legge ungherese, trattandosi di lesioni in concorso e facendo parte di un’associazione (a delinquere) estremista, la maestra rischia fino a 24 anni di carcere. Le è stato proposto un patteggiamento a 11 anni, che ha rifiutato. Salis si dichiara innocente. Il processo è stato rinviato al 24 maggio.
Intanto si è molto discusso delle condizioni di detenzione di Ilaria Salis, che si trova in un carcere di massima sicurezza a Budapest. Il padre le ha definite estremamente dure, mentre da una lettera inviata dalla stessa maestra ai suoi legali nell’ottobre scorso si evince un trattamento in carcere non dignitoso nei suoi confronti, con assenza delle misure igieniche più elementari. Le attuali condizioni detentive dovrebbero tuttavia durare ancora per un po’: dopo la prossima udienza di maggio sono state già fissate delle udienze in autunno, con una sentenza che dovrebbe arrivare nel corso del 2025.
L’obiettivo del governo italiano è farla rientrare in Italia prima, a processo in corso, cosa per ora impossibile. L’imputata può infatti rientrare in Italia solo in caso di condanna o se l’autorità giudiziaria ungherese decida di metterla agli arresti domiciliari (come la prenderebbe l’elettorato, tendenzialmente di destra, del premier Orbán?). L’Italia cercherà di percorrere questa seconda strada, chiedendo gli arresti domiciliari in Italia e scongiurando il pericolo di fuga, magari mediante braccialetto elettronico, e garantendo, inoltre, la sua presenza alle udienze del processo in Ungheria.
La nostra premier Meloni ha incontrato il premier ungherese Orbán il quale ha promesso dignità di trattamento, sottolineando tuttavia l’indipendenza della giustizia ungherese, che non consente forzature di governo, e affermando che tutti i detenuti in attesa di giudizio vengono portati nelle aule del tribunale con quelle modalità.
In Italia il caso giudiziario è diventato politico, con la sinistra che attacca il governo per la lentezza di intervento nell’ultimo anno e che critica le esternazioni del ministro Salvini e del suo partito, che accusano la maestra di aver partecipato a degli scontri nel corso di proteste contro la Lega nel 2017 (il padre di Ilaria Salis annuncia querele, perché a suo dire la figlia partecipò al corteo ma non agli scontri) e di essere stata condannata nel 2023 per concorso morale nella resistenza a pubblico ufficiale. In sostanza per la Lega è assurdo che Ilaria Salis faccia lezione ai bambini nelle aule scolastiche.
Come al solito, una vicenda di diritti civili, che dovrebbe vederci tutti uniti nella stessa direzione, viene strumentalizzata per fini elettorali da tutti gli schieramenti politici. Trovo comunque sbagliato esprimere in questo momento giudizi sulla persona. Parliamo tanto di garantismo (finché non c’è la condanna una persona è da considerare innocente), di riforma della giustizia in questo senso, di carcerazione preventiva non rispettosa della dignità umana, e poi diamo giudizi sulla vita di Ilaria Salis? Certamente essere fermati in Ungheria con un manganello in auto (“lo avevo portato per un eventuale difesa personale”) non è il massimo, negarlo è da ipocriti.
La cosa importante, a mio avviso, è focalizzare l’attenzione sul trattamento che riceve la nostra connazionale in questa fase detentiva, e la tanto chiacchierata amicizia Orbán-Meloni può portare risultati.
Un’imputata condotta in aula legata mani e piedi, tenuta con una sorta di guinzaglio, con i ceppi ai piedi e guardata a vista da un uomo armato e incappucciato può avere un impatto devastante su di noi italiani, ma trovo che bisogna essere rispettosi del codice penale di uno Stato membro dell’Ue. Anche in America, dove regna la democrazia, si vedono queste scene, e non scandalizzano più di tanto, è così e bisogna farsene una ragione.
Magari in Ungheria e in altri Stati in questo momento stanno ridendo di noi per non avere mandato in carcere uno youtuber accusato di omicidio stradale aggravato per avere travolto con un Suv, nel giugno scorso, una piccola Smart, durante le riprese di un stupido video social, causando la morte di un bambino di 5 anni. Per lui ci sono gli arresti domiciliari.
Ripeto, rispettiamo la magistratura ungherese e concentriamoci sulle condizioni detentive di Ilaria, che devono essere dignitose e rispettose dei diritti umani. In questo senso, infine, meritano attenzione anche i restanti 2455 detenuti italiani all’estero, molti dei quali in paesi poco rispettosi dei detenuti e dei loro diritti.
Penso ad esempio a Filippo Mosca, 29 anni, siciliano, rinchiuso da maggio scorso in un carcere rumeno, in una cella con presenza di topi, condivisa con altri detenuti e, a detta dei suoi genitori, sottoposto a continue aggressioni e tentati accoltellamenti. L’accusa è traffico internazionale di droga. Per i genitori si tratta di uno stupido equivoco. Che si fa? Aspettiamo il teatro delle catene in tribunale per dargli risonanza pubblica?