Le elezioni amministrative sono diverse da quelle politiche nazionali, perché risentono di dinamiche locali e perché fondamentalmente i cittadini cercano buoni amministratori badando poco al simbolo (come dimostrato dalle liste civiche che vanno spesso in doppia cifra).
Nonostante questa premessa le elezioni amministrative di domenica scorsa un segnale politico lo hanno comunque dato. Due grandi sconfitti: Lega e Movimento 5 Stelle.
Nella coalizione di destra il partito di Salvini è stato superato da Fratelli d’Italia in quasi tutte le città del Nord, dove i leghisti dominavano in passato. I rapporti di forza sono cambiati per l’ascesa di Giorgia Meloni (alle politiche del 2018 Salvini sbancò mentre Fratelli d’Italia si attestò al 4.3%), mentre la leadership di Salvini viene messa in discussione all’interno della stessa Lega: nel momento in cui il centrodestra riconoscerà il partito della Meloni come guida, potremo ritenere finita l’epoca salviniana.
Il M5S è crollato. Si è trattato del peggiore risultato ottenuto dai grillini, quasi spariti, dopo una campagna elettorale in cui il leader Conte si è esposto molto. All’interno del Movimento volano gli stracci: Di Maio attacca Conte accusandolo di essere anti-Nato (addirittura non vuole inviare le armi all’Ucraina) e di criticare eccessivamente il governo, Conte attacca Di Maio accusandolo di pensare troppo alla questione del doppio mandato che potrebbe renderlo incandidabile alle prossime elezioni. Argomenti un po’ tristi se si pensa che la prima forza del governo Draghi in Parlamento non esiste quasi più. Bisognerebbe chiedersi come risalire, non litigare con argomentazioni di bassa leva.
Chi sono dunque i vincitori di questo primo turno delle amministrative? Difficile individuarli. Fratelli d’Italia è andato bene perché si è affermato come primo partito della coalizione di centrodestra risolvendo per il momento la disputa della leadership, ma non ha stravinto. Comunque bene. Forza Italia stabile. Il Pd ha tenuto bene. In risalita anche i partiti di centro, che fanno pensare all’esistenza di un’Area Draghi, tanta invocata da Matteo Renzi e che potrebbe mostrare un peso elettorale rilevante.
Personalmente credo che la tornata elettorale abbia dimostrato, qualora ce ne fosse bisogno, che i cittadini alla lunga premiino la coerenza (Pd e Fratelli d’Italia) e puniscano l’atteggiamento ambiguo delle forze politiche. Lega e M5S sulla carta sostengono il governo, fanno parte della sua maggioranza, ma ogni occasione diventa buona per attaccarlo.
Alcuni esempi: Conte è il leader del M5S e critica aspramente la politica estera del governo, perché non rimuove Di Maio dall’incarico di ministro degli Esteri? Salvini, invece, ha chiesto il voto segreto su una norma della Riforma Cartabia, una richiesta tipica di una forza di opposizione (l’emendamento è stato bocciato nettamente al senato). Si tratta di atteggiamenti altalenanti che non piacciono.
Capisco, tuttavia, che l’emorragia di consensi induca la Lega e il M5S ad essere combattuti sulle posizioni da assumere: distinguersi dalla maggioranza per riavere un po’ dei voti perduti o sostenere il governo lealmente? Scelta difficile che rischia sicuramente di compromettere i risultati delle elezioni del 2023.
C’è da dire che stare all’opposizione aiuta ad accrescere i consensi, cosa che sta succedendo a Fratelli d’Italia. Criticare è da sempre più facile di farsi carico di una situazione complessa come quella che stiamo attraversando. Ma anche la Giorgia nazionale avrà modo di dimostrare le sue capacità in futuro, essendo attualmente in testa alle preferenze degli italiani nei sondaggi (22,5%).
Infine il governo Draghi. È uscito indebolito o rafforzato dal voto? Sembrerebbe rafforzato, visti i risultati di Lega e M5S che sono i più critici nei confronti del governo in termini di politica estera e spesa pubblica.
Concludo col referendum flop sulla giustizia di domenica scorsa. Sette giorni fa ho terminato l’editoriale sottolineando i motivi per cui sarebbe stato difficile raggiungere il quorum. Così è stato. In realtà lunedì mi sono anche meravigliato nel vedere come i principali quotidiani nazionali abbiano dedicato 6-8 pagine iniziali del loro giornale al flop dei referendum, a cui nei giorni precedenti avevano invece dato (a questo punto mi viene da pensare “volontariamente”) poco o niente risalto.
Si è trattato, inoltre, di uno dei tanti esempi di spreco di denaro pubblico. Ci lamentiamo che i tassi di interesse salgono e le borse crollano. Siamo un paese con debito pubblico alle stelle, facciamo becero assistenzialismo, abbiamo difficoltà a fare le riforme, continuiamo a creare debito. È normale che se chiediamo soldi paghiamo più interessi. Perché i mercati dovrebbero fidarsi?