Altra settimana di guerra in Ucraina. Oltre all’immancabile escalation verbale (Mosca ha dichiarato apertamente che si rischia la Terza guerra mondiale) abbiamo assistito per la prima volta, in questi 70 giorni di conflitto, ad una risposta tangibile di Putin alle sanzioni economiche imposte dall’Occidente.
La Russia, infatti, ha sospeso le forniture di gas alla Polonia e alla Bulgaria per il mancato pagamento in rubli. La decisone di questa modalità di pagamento è stata presa dal Cremlino per aggirare alcune sanzioni economiche che avrebbero reso non accessibili i versamenti in euro o in dollari sui conti della banca russa Gazprombank.
In sostanza i Paesi europei possono pagare in euro su un conto della banca russa, ma contestualmente devono aprire un secondo conto nella stessa banca, su cui l’istituto di credito può trasferire il denaro convertendolo in rubli, per poi trasferirlo a Gazprom, la multinazionale del settore energetico controllata dal governo russo.
Polonia e Bulgaria hanno rifiutato la conversione del pagamento in rubli perché violerebbe i contratti stipulati tra Gazprom e i Paesi europei. Putin tuttavia ha tirato dritto e gli ha sospeso la fornitura del gas. Con questa azione, a mio avviso, ha voluto lanciare un messaggio forte e chiaro, tra l’altro ribadito a voce dopo qualche giorno: “qualsiasi interferenza negli eventi ucraini darà vita ad una risposta rapida, fulminea”.
L’intento di Putin, ovviamente, è anche quello di indebolire il fronte europeo, finora molto compatto. Per ora la sospensione della fornitura del gas ha riguardato Polonia e Bulgaria perché sono i primi ad andare in scadenza di pagamento. Per gli altri altri Paesi, tra cui l’Italia, le scadenza per i pagamenti del gas è intorno a fine maggio. Come si comporteranno?
Cederanno alla richiesta russa (l’Ungheria già lo ha fatto), magari in maniera disomogenea, o rimarranno compatti nel rifiutare il ricatto russo (come vuole la Commissione Europea secondo cui il pagamento in rubli costituirebbe una violazione delle sanzioni)? Ci sarà quasi un mese per decidere.
Sicuramente gli effetti economici per alcuni Paesi, Italia e Germania su tutti, sarebbero più gravi rispetto a quelli per la Polonia e la Bulgaria, meno “dipendenti” dal gas russo. A noi europei, dunque, ci aspetta una bella prova, siamo quasi alla resa dei conti.
Il ricorso alle rinnovabili, la riapertura delle centrali a carbone e gli accordi sul gas con altri Paesi per aumentare le forniture (l’Italia ha firmato l’intesa con Algeria, Angola e Congo) ci rendono meno dipendenti dalla Russia, ma in futuro, entro due-tre anni, non nel breve termine. Se non paghiamo in rubli i rubinetti verranno chiusi, questa è una certezza. Il fronte europeo si spaccherà? Le probabilità sono alte, troppo salato il prezzo da pagare per alcuni Paesi. Vedremo cosa succederà.
Molto dipenderà, comunque, dagli sviluppi della guerra e dall’atteggiamento di Biden, che mentre inizialmente puntava a non estendere il conflitto ai Paesi Nato, man mano che i giorni passavano ha capito che Putin potesse capitolare sul campo.
Da qui la decisione di aumentare la pressione sul leader russo, attraverso le sanzioni e un maggiore sostegno militare alla resistenza ucraina, nella convinzione che le sanzioni sul gas e sul petrolio porteranno alla fine della guerra. Si fa poco, invece, per favorire un negoziati.
Il punto è che questa strategia ha funzionato finora ma non sappiamo se porterà davvero alla fine della guerra. Va bene fornire le armi agli ucraini, ma una decisione bisogna pur prenderla. La guerra potrebbe continuare per tantissimi mesi con gli ucraini che non mollano (e che non vinceranno mai sul campo) e la Russia che andrà avanti per non perdere la faccia.
Davvero vogliamo che ci siano centinaia di migliaia di morti? Davvero sottovalutiamo il contraccolpo del conflitto sull’economia?
Vanno favoriti i negoziati o imposte sanzioni severissime subito che non consentano al Cremlino di reagire con le armi. Se l’obiettivo è quello di indebolire l’economia russa attraverso le sanzioni e portare Putin ad essere più ragionevole, ad un certo punto bisogna pur andare a sedersi a quel tavolo.
Fornire armi ad oltranza agli ucraini senza favorire i negoziati vuol dire partecipare in qualche modo alla guerra, e questo potrebbe scatenare una reazione russa ed un conflitto mondiale. Forse converrebbe non tirare troppo la corda.