Ancora in primo piano la guerra tra Hamas e Israele. Gaza è ormai bombardata da tre settimane da parte di Israele in riposta ai violentissimi attacchi di Hamas dello scorso 7 ottobre, in cui persero la vita circa 1400 israeliani.
Nella Striscia c’è il blackout totale di internet e delle comunicazioni, mentre la mancanza di carburante ha fatto ridurre le attività umanitarie e fatto chiudere molti ospedali. L’esercito israeliano, in attesa di un’invasione totale di terra, ha fatto diverse incursioni nella Striscia di Gaza, colpendo vari obiettivi legati ad Hamas (centri di comando, siti da cui vengono lanciati i missili ecc.). Il prezzo di questa ritorsione militare israeliana è altissimo: sono state uccise oltre 8 mila persone.
L’attacco a sorpresa e brutale di Hamas, atto originario dell’attuale conflitto, in cui tantissimi israeliani sono stati uccisi, bruciati vivi, e in parte rapiti, ha ceduto il passo al massacro perpetrato contro la popolazione di Gaza da parte di Israele.
Gli eventi di questi giorni hanno portato però Hamas ad avere quasi una legittimizzazione sul piano internazionale: il segretario dell’ONU Guterres ha affermato che gli attacchi di Hamas, seppur condannabili, sono la conseguenza di 56 anni di occupazione soffocante, il leader turco Erdogan ha definito i miliziani di Hamas non terroristi ma combattenti per la libertà del loro popolo, una delegazione di Hamas è andata a Mosca per un incontro ufficiale con esponenti del governo russo, la Cina sta facendo arrivare ingenti aiuti umanitari al popolo palestinese.
In sostanza Israele sta quasi passando dalla parte del torto (obiettivo di Hamas) mentre comincia a prendere sempre più forma lo schieramento delle forze mondiali in un eventuale scenario futuro di guerra. A conferma di questo posizionamento nella questione palestinese è arrivata la risoluzione presentata da 22 Paesi arabi e approvata dall’Assemblea delle Nazioni Unite (non vincolante perché approvata dall’Assemblea e non dal Consiglio di Sicurezza) in cui si chiede un’immediata e durevole tregua umanitaria a Gaza.
È stata approvata da 120 membri contro 14 e con 45 astenuti. La risoluzione è stata criticata dagli Stati Uniti mentre l’Italia si è astenuta perché mancherebbe la condanna inequivocabile degli attacchi di Hamas a Israele, e quindi il riconoscimento del diritto di difendersi quando si è sotto attacco.
In sostanza stiamo assistendo ad un’organizzazione, quella della Nazioni Unite, che ha perso autorevolezza e legittimità, che non garantisce alcuna sicurezza proprio nel momento in cui ci troviamo difronte a due popoli assetati di guerra e morte.
Da un lato c’è un partito terrorista, Hamas, che pensa soltanto all’eliminazione di uomini, donne e bambini colpevoli di essere occupanti (per loro illegittimamente) della Palestina, che non ha per nulla a cuore il popolo palestinese e che desidera una guerra santa contro gli ebrei (scontro di civiltà), dall’altro lato abbiamo un Paese, Israele, che sta portando avanti un genocidio (di questo si tratta) con bombe lanciate su civili innocenti e che è guidato da un leader, Netanyahu, che pensa di potere giustificare questo pazzesco attacco prolungato a Gaza mostrando ai leader mondiali le foto e i video della sua gente uccisa il 7 ottobre o dicendo che sta colpendo questo o quel dirigente di Hamas o affermando che Hamas sia peggio dell’Isis. Netanyahu ha perso ormai tutto il suo consenso e crede che così facendo possa in qualche modo riconquistarlo.
Hamas va sicuramente combattuta, ma non è questo il modo. Chi sostiene Israele deve chiedere con forza che esso si impegni a riconoscere lo Stato Palestinese, autonomo e collocato in un territorio ben definito (non diviso in due parti). È arrivato il momento di rimediare ad anni di silenzio assordante da parte dei leader mondiali, mentre in quelle terre era palese l’impossibilità di una pacifica convivenza. In questi giorni, invece, si è scelta la via del massacro, e il mondo la sta percorrendo inerme.