
La via diplomatica tra Russia e Ucraina non decolla. Continuano, purtroppo, i bombardamenti e i raid russi su molte città ucraine e nei dintorni della capitale Kiev, causando morti e distruzioni agghiaccianti.
L’Occidente risponde imponendo nuove sanzioni a Mosca, infliggendo così un duro colpo all’economia russa, come ha ammesso per la prima volta in settimana lo stesso presidente Vladimir Putin. L’elenco delle sanzioni è ormai interminabile. L’America e l’Inghilterra vieteranno l’import di petrolio e gas russi, tantissime aziende (tra cui Coca-Cola, Pepsi, McDonald’s, Starbucks ecc) hanno deciso di lasciare il Paese, mentre Amazon ha annunciato lo stop delle sue attività commerciali in Russia.
Il disagio recato alla popolazione russa e i danni economici sono enormi. Putin va avanti determinato per la sua strada, non lasciando minimamente intendere di voler porre fine alla guerra, almeno fino a quando non raggiungerà il suo obiettivo: destituire l’attuale classe dirigente ucraina. Col suo atteggiamento, però, il leader russo è riuscito nell’impresa in cui tanti avevano fallito: fare riemergere l’Europa come area geopolitica, un’Europa finalmente compatta e unita senza badare all’impatto che le sanzioni avranno inevitabilmente sulle economie dei singoli paesi, e di riflesso su imprese e famiglie.
Sicuramente paghiamo lo scotto di politiche sbagliate. Basta pensare a questo paradosso: da un lato diamo le armi agli ucraini e imponiamo le sanzioni alla Russia, dall’altro paghiamo profumatamente il gas russo (l’Italia spende circa 80 milioni al giorno) con soldi che consentono alla stessa Russia di finanziarsi la propria guerra.
A prescindere, però, dai risvolti economici di cui si scriverà ampiamente in futuro, come finirà il conflitto in Ucraina? Ci sono diversi scenari possibili.
Il più drammatico sarebbe una guerra Russia-Nato, che potrebbe scattare in risposta alle sanzioni imposte alla Russia e all’invio di armi in Ucraina. Il viceministro degli Esteri russi ha annunciato che “i convogli con armi occidentali per Kiev possono diventare obiettivi militari”. A mio avviso l’Occidente è pronto, con piani per la gestione delle emergenze nucleari e radiologiche già sul tavolo. L’Italia ha appena aggiornato il suo dopo 12 anni: riparo al chiuso nelle aree interessate (porte e finestre chiuse), blocco del consumo degli alimenti prodotti localmente e assunzione di iodio per chi ha meno di 40 anni. Le indicazioni verrebbero date dalla Protezione civile.
Altro scenario possibile potrebbe essere la vittoria dei russi e il rovesciamento del leader ucraino Zelensky, con insediamento di un governo filorusso. Per Putin, però, ci sarebbe poco da festeggiare, ormai il mondo è quasi tutto contro di lui. Le sanzioni occidentali facilmente sarebbero mantenute, come nel caso di un altro scenario caratterizzato da un accordo negoziato con spartizione dei territori tra ucraini e russi.
Un altro epilogo, auspicato dall’Occidente, potrebbe essere la ribellione dell’élite russa e della popolazione al regime di Putin, a causa del malcontento generale causato dalle sanzioni. Due giorni fa sono stati rimossi i vertici dell’intelligence russa per avere studiato male l’invasione dell’Ucraina. E se invece si trattasse di paura per un colpo di Stato? Vedremo cosa succederà nei prossimi giorni.
Concludo con la resistenza degli ucraini. Sinceramente non mi aspettavo che durassero così tanto senza un sostegno militare concreto da parte dell’Occidente. I rapporti di forza sono molto sproporzionati. Eppure è opinione diffusa che la guerra possa durare anche diverse settimane o mesi. L’Ucraina potrebbe diventare il Vietnam di Putin.
Gli ucraini si battono senza paura, accompagnano le famiglie al confine, e dopo averle messe in salvo imbracciano le armi e tornano sul campo della battaglia. Vogliono scrivere la storia, animati da un leader carismatico che non retrocede di un millimetro e che attraverso i social comunica con il mondo intero, pronto a morire nella sua terra nonostante la protezione offertagli dall’Occidente e gli inviti a lasciare il Paese. Zelensky non ci sta ad arrendersi, e proprio ieri ha affermato: “possono prendere Kiev solo se la radono al suolo”.
In effetti non bastano i missili, i bombardanti aerei, o un esercito straordinariamente sovradimensionato. Puoi sparare quanto vuoi, ma per vincere devi mettere lo stivale a terra e camminare sulla strada. Come successo in Gran Bretagna nella seconda guerra mondiale, in Vietnam o in Afghanistan, il nemico subisce ma non muore, ti aspetta con imboscate, rapimenti, agguati e attentati. A questo si aggiungano le armi e le munizioni che giungono dai Paesi Nato.
È soprattutto una questione di motivazioni. Chi ne ha di più? Il militare che va in guerra per attaccare chi ha davanti o il militare che va in guerra per difendere chi ha dietro?