La scorsa domenica si è votato in 1200 comuni (tra cui 6 importanti capoluoghi di Regione) per le elezioni amministrative e in Calabria per quelle regionali. Diciamolo subito: ha vinto il centrosinistra, che si è aggiudicato al primo turno Milano, Napoli e Bologna ed è favorito ai ballottaggi di Roma e Torino.
Il centrodestra è favorito al ballottaggio di Trieste e ha vinto nettamente alle regionali in Calabria. I risultati hanno confermato il paradosso della vigilia: nonostante i sondaggi nazionali diano un centrodestra vicino al 50% (ad eventuali elezioni politiche), alle comunali di domenica scorsa si temeva una sua debacle. E così è stato.
Questo ci dice a mio avviso due cose: il centrodestra dovrebbe lavorare meglio sul territorio e scegliere candidati più all’altezza, il centrosinistra dovrebbe cambiare qualcosa nei piani alti dei partiti. Il M5S, invece, sta scomparendo, malissimo anche nelle città dove amministrava (in primis Roma e Torino).
Giuseppe Conte ha affermato di aver intravisto segnali incoraggianti nei risultati ottenuti dal Movimento. Posso capire che il giorno dopo le elezioni è quello in cui “hanno vinto tutti”, ma nel caso dei grillini non vedo proprio alcuna avvisaglia di ripresa. È una lenta agonia.
A volte mi vengono in mente le parole di Matteo Renzi, secondo il quale il M5S non arriverà alle elezioni del 2023. I giorni successivi alle elezioni sono stati, inoltre, caratterizzati da polemiche sterili tra i partiti che hanno dimostrato una capacità, forse unica, di questo governo: fare campagna elettorale e litigare mentre si sta tranquillamente insieme al governo e in Parlamento: una sfacciataggine che serve per arrivare alla pensione dei parlamentari, per la quale sono necessari 4 anni e sei mesi di legislatura.