È stata decisamente la settimana mondiale del clima. I Capi di Stato e di Governo si sono riuniti in due diversi importanti incontri, il G20 di Roma e la conferenza delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico a Glasgow.
Nel summit di Roma, organizzato per prendere decisioni importanti sull’economia globale, sono stati siglati diversi accordi, tra i quali spiccano quelli sulla Global Minimum Tax, sui dazi e sul clima.
La Global Minimum Tax è un’imposta che andrà a colpire le grandi multinazionali del web come Amazon e Facebook. Si tratta di un’aliquota minima del 15% sugli utili al fine di evitare che questi colossi continuino a spostare la sede fiscale per ottenere trattamenti piu favorevoli. Si otterranno circa 125 miliardi di dollari da dividere tra i Paesi di tutto il mondo. Ottimo risultato.
L’accordo sui dazi, invece, riguarda l’acciaio e l’alluminio, ed è stato siglato tra Unione Europea e USA. Trump nel 2018 ha imposto dazi del 25% sulle importazioni dall’Ue, scatenando le critiche dei Paesi europei, che hanno fatto altrettanto su alcuni prodotti americani. Il G20 di Roma ha messo fine a questo conflitto, voluto essenzialmente da Trump per fini protezionistici. Io penso che il protezionismo non vada demonizzato, a volte serve per difendere la propria cultura e per rilanciare alcuni settori della propria economia, difendendo dei posti di lavoro. Sicuramente non va esasperato per non andare a nuocere le relazioni internazionali e le regole del libero mercato.
Nel vertice di Roma, però, si è parlato anche di clima: tetto massimo di 1.5 gradi (rispetto ai livelli pre-industriali) per il surriscaldamento globale, 100 miliardi di fondi per i Paesi più poveri (aiutandoli per una costosa transizione ecologica) e l’obiettivo emissioni zero entro il 2050.
Il tema del clima è stato poi sviscerato nella 26esima Conferenza delle Nazioni Unite sul clima, la cosiddetta COP26. Si tratta di un incontro che si svolge ogni anno dal 1995 (non si è tenuta nel 2020 a causa della pandemia), riunisce 196 paesi del mondo e mira a contrastare il cambiamento climatico. COP sta per “Conferenza delle Parti” (le Parti sono i paesi firmatari della Convenzione UNFCC del 1992 sul clima), 26 sta per il numero dell’edizione. Non tutte le COP hanno la stessa valenza. Le più note sono la COP3 e la COP21, che portarono rispettivamente al Protocollo di Kioto (1997) e all’accordo di Parigi (2015).
Sostanzialmente l’obiettivo è sempre lo stesso: ridurre le emissioni di gas serra, che portano inevitabilmente al surriscaldamento della Terra. Per raggiungere l’obiettivo di limitare l’aumento della temperatura media globale a 1.5 gradi si è stabilito che le emissioni globali dovranno essere ridotte del 50% entro il 2030 per poi raggiungere la neutralità carbonica entro il 2050 (tanti gas serra vengono prodotti quanti ne vengono assorbiti dalla Terra stessa, con emissioni nette pari a zero).
A fronte di tante belle parole non sono mancati, però, gli elementi che fanno pensare quanto difficilmente verranno raggiunti questi obiettivi.
Ha fatto rumore, ad esempio, l’assenza di Xi Jinping, presidente della Cina, Stato che da solo produce il 50% dell’acciaio con impianti che vanno a carbone. Cina e Russia si sono mostrate fredde nei confronti dell’azzeramento delle emissioni entro il 2050. Difficile per loro rinunciare al carbone quale fonte di energia.
Il carbone è uno dei principali responsabili delle emissioni di anidride carbonica e altri gas serra, che impediscono alla Terra di disperdere il calore ricevuto dal Sole portando al surriscaldamento globale. Nel summit si è concordato di arrivare a non utilizzare più il carbone entro i prossimi 20 anni, ma non tutti hanno firmato. Questo, a mio avviso, fa di questi accordi, non dico carta straccia, ma quasi.
Un po’ com’è successo per un altro accordo raggiunto ma non firmato da tutti nel corso del vertice: interrompere la deforestazione entro il 2030. Gli alberi emettono ossigeno e assorbono anidride carbonica (il principale gas serra), è facile comprendere quanto siano importanti per il clima. Ad oggi gli alberi delle foreste vengono abbattuti per le coltivazioni (soia, cacao ecc.) e per creare aree di allevamento intensivo. L’industria della carne non ci sta a fermarsi, mentre si ha difficoltà a trovare pratiche agricole più sostenibili. Da qui la mancata adesione alla deforestazione da parte di tutti. Accordo, tra l’altro, che non è vincolante e non prevede sanzioni per chi non lo rispetta. Cosa si spera di ottenere?
Purtroppo la verità è che la temperatura globale media aumenta velocemente e si ha difficoltà a rallentarne l’incremento, con tutto ciò che ne consegue: scioglimento dei ghiacci, innalzamento dei mari e fenomeni atmosferici anomali. Esistono troppi interessi economici che impediscono una soluzione del problema. Servirebbe una mano sulla coscienza da parte dei potenti della Terra, parlo dei leader, che dovrebbero ricorrere a fonti di energia rinnovabili (sole, vento, acqua, rifiuti ecc.), anche a costo di perderci nell’immediato, e mettere a disposizione ingenti quantità di soldi a favore dei paesi più poveri che non riescono a passare ad una economia più sostenibile.
Gli accordi? Vanno firmati da tutti, altrimenti devono scattare le sanzioni, come quelle che vengono utilizzate per penalizzare i paesi meno potenti quando sbagliano. Ripeto, devono intervenire i potenti della Terra. Gli appelli di Greta Thunberg e di altri attivisti aiutano ma terminano puntualmente con una squallida risatina sotto i baffi.