A Bali, in Indonesia, si è tenuto il G20, l’appuntamento annuale in cui si incontrano i capi di governo dei 19 paesi più industrializzati al mondo più l’Unione Europa.
È stata l’occasione per il nostro presidente del Consiglio Giorgia Meloni di farsi conoscere dai leader mondiali. L’Italia è stata l’unica nazione rappresentata da una premier donna, un esempio di partecipazione femminile che tutti invocano ma che pochi seguono veramente.
L’argomento principale è stata l’invasione russa dell’Ucraina: si è parlato della necessità di porre fine alla guerra, tuttavia la condanna della Russia non è stata unanime. Nella dichiarazione finale si dice espressamente che la “maggior parte dei membri condanna la guerra in Ucraina”, quindi non tutti.
In definitiva tante chiacchiere scontate senza la capacità di partorire una soluzione comune. Certamente ci sono stati incontri bilaterali importanti il cui contenuto non si conosce, però un messaggio esplicito comune e più incisivo sarebbe stato a mio avviso più utile.
La premier Meloni a Bali ha avuto, inoltre, diversi incontri bilaterali con i grandi della Terra, tra cui il presidente americano Joe Biden e quello cinese Xi.
Con il primo si sarebbe parlato soprattutto di sostegno all’Ucraina, anche se le indiscrezioni dicono che la discussione abbia riguardato anche la fornitura di gas americano a prezzi più bassi di quelli attuali. Al centro del colloquio con Xi ci sarebbero stati invece i diritti umani e l’export, con il leader cinese che ha parlato di una Cina disposta a importare più prodotti italiani di alta qualità. Speriamo bene.
Quella di Giorgia Meloni è un’Italia che ci tiene ad essere protagonista nel mondo e che in Europa ha deciso di alzare la voce già dai primi giorni della legislatura.
La stampa in questi giorni ha parlato di un rischio isolamento causato dalla crisi diplomatica tra Italia e Francia. Il caso della Ong Ocean Viking ha suddiviso l’Europa in due schieramenti, da un lato l’Italia e altri piccoli Stati quali Malta, Cipro e Grecia, dall’altro i colossi Francia, Germania (che ha difeso il ruolo essenziale delle Ong in mare) e la stessa Spagna, che nonostante sia spesso un paese di primo approdo non ha condiviso le lamentele del fronte Sud Europa.
Finita l’epoca Mario Draghi sembra che già ci sia all’orizzonte il rischio di un rinsaldamento dell’asse franco-tedesco, che a mio avviso va assolutamente contrastato. Si tratta di una collaborazione bilaterale che va avanti da anni.
I francesi e i tedeschi hanno stipulato nel 2019 il trattato di Aquisgrana con cui si garantiscono reciproca difesa militare e coordinamento delle forze di polizia e intelligence (Giorgia Meloni all’epoca parlò di rischio di super Stato all’interno dell’Ue), mentre recentemente hanno firmato un accordo di “solidarietà energetica”, che prevede la fornitura di gas alla Germania da parte della Francia, e di elettricità da Berlino ai francesi. E come dimenticare le risate in conferenza stampa tra la Merkel e Sarkozy sulla situazione dell’Italia durante la crisi dello spread (governo Berlusconi)?
I franco-tedeschi si sono opposti, inoltre, al cambio delle regole sull’immigrazione, preferendo la formula volontaria, che non ha funzionato, ad un sistema strutturato di ridistribuzione dei migranti. In sostanza l’Europa un padrone già ce l’ha, e l’attuale governo italiano, dichiaratamente sovranista sotto certi aspetti, dovrà lavorare perché le cose cambino.
Da anni, ormai, i leader francesi e tedeschi sono palesemente europeisti quando in gioco ci sono gli interessi degli altri Stati, Italia compresa, mentre quando le questioni riguardano Francia e Germania diventano magicamente sovranisti. E questo non va affatto bene.