Subito in vigore il decreto-legge sul lavoro approvato dal governo di Giorgia Meloni il primo maggio, giorno della festa dei lavoratori. Il provvedimento contiene varie misure legate al mondo del lavoro, misure che hanno scatenato un’accesa discussione tra governo e sindacati.
Sostanzialmente i punti principali del dl lavoro che hanno fatto più discutere sono tre: il taglio del cuneo fiscale, la riforma/sostituzione del reddito di cittadinanza e la maggiore facilità di prorogare i contratti a termine.
Il taglio del cuneo fiscale è l’intervento su cui il governo investe di più dal punto di vista politico (“il più importante taglio delle tasse sul lavoro degli ultimi decenni” secondo Giorgia Meloni). Il cuneo fiscale è la differenza tra quanto pagato dal datore di lavoro e quello che percepisce il lavoratore come stipendio netto, e che viene versato alle casse dello Stato sotto forma di tasse sul reddito e contributi sia da parte dell’azienda che del lavoratore.
In Italia il cuneo fiscale ha un peso tra i più alti in Europa, tagliarlo significa ridurre il costo del lavoro, aumentare gli stipendi netti e aumentare il potere d’acquisto dei cittadini. Il taglio stabilito dal dl lavoro sarà del 4% (che va ad aggiungersi al taglio del 3% stabilito dal governo Draghi), sarà temporaneo, da luglio a dicembre, e vale per i redditi fino a 35 mila euro l’anno (una media di 100 euro lordi al mese in più in busta paga).
Il reddito di cittadinanza, invece, è sostituito dall’Assegno di inclusione (importo massimo 500€ mensili per 18 mesi, con possibilità di rinnovo per altri 12) per le sole famiglie in difficoltà in cui ci sono minori, disabili o over 60. Per le persone da 18 a 59 anni, gli “occupabili”, c’è il Supporto per la formazione e il lavoro: un’indennità di 350€ mensili per un massimo di 12 mesi, solo per chi parteciperà a progetti di formazione utili per la collettività, erogati da soggetti pubblici o privati o individuati autonomamente. In definitiva il reddito di cittadinanza è stato abolito, come promesso.
Contratti a termine: aumentano le possibilità di prorogare i contratti a tempo determinato dopo i primi 12 mesi (aumentano le causali). In sostanza sarà più facile rinnovarli.
I tre punti descritti sono stati fortemente criticati dai sindacati e dalle opposizioni: il taglio del cuneo fiscale sarebbe solo una misura temporanea e non strutturale, l’abolizione del rdc non piace, e le modifiche dei contratti a termine aumenterebbero la precarietà.
A mio avviso non bisogna essere superficiali nel giudicare questa tipologia di provvedimenti del governo, che richiedono sempre tanto coraggio. Si tratta di misure per le quali non è possibile ricorrere all’incremento del debito pubblico, per cui servono fondi strutturali: o si tagliano altre spese o si aumentano le tasse.
Inoltre il taglio del cuneo consiste in una netta riduzione di imposte e contributi che vanno a finanziare l’assistenza sanitaria, le pensioni, la disoccupazione, le varie tutele dei lavoratori, i congedi per malattia, i congedi parentali ecc. Dunque la questione è sicuramente meno facile di come vogliono farla apparire.
L’attuale governo, tuttavia, non è l’unico ad aver operato un taglio così importante, misure simili sono state adottate anche in passato. Penso al bonus Irpef da 80 euro introdotto dal governo Renzi (circa mille euro in più all’anno in busta paga) o al taglio del cuneo fiscale introdotto da Mario Draghi. Si tratta di interventi da apprezzare certamente, ma ritengo sia necessario intervenire anche su altri ambiti, primo fra tutti la speculazione sui prezzi.
Il carrello della spesa è aumentato del 7%, mentre la pasta ha subito aumenti del 18-20%. Come si giustificano questi prezzi? In un primo momento sono stati giustificati dalla carenza delle materie prime legata alla pandemia, poi dal rialzo del costo dell’energia. Successivamente è subentrata la speculazione: tengo i prezzi alti perché la gente comunque se lo aspetta. Credo che il governo debba intervenire proprio su questo.
Ai cittadini non interessa l’elemosina in busta paga quanto l’avere un buon potere d’acquisto con quello che già ha. La situazione dei prezzi, dal carburante alla spesa, dalla ristorazione ai servizi (anche pubblici), sta davvero sfuggendo di mano. In conclusione servono meno mance e più controlli.