Via libera dal Consiglio dei ministri al disegno di legge costituzionale che riformerà la giustizia. Trattandosi di una legge che modificherà la Costituzione il testo dovrà essere approvato con due successive votazioni da entrambe le Camere (4 passaggi) con una maggioranza dei due terzi dei rispettivi componenti. Se non saranno raggiunti questi numeri ci sarà il referendum.
La riforma Nordio, ministro della Giustizia, tocca diversi punti della giustizia, tuttavia i pilastri, di cui tanto si è parlato in questi giorni, sono essenzialmente tre: separazione delle carriere dei magistrati, distinti tra quelli requirenti (i pubblici ministeri che conducono le indagini) e quelli giudicanti; la costituzione di due Consigli Superiori della Magistratura (uno per i Pm e uno per i giudici) con il sorteggio per la nomina dei suoi membri; la creazione di un nuovo organismo indipendente, l’Alta corte disciplinare, che si esprimerà sugli illeciti dei magistrati, composta da giudici, professori universitari e avvocati con almeno 20 anni di esercizio delle funzioni.
In questi giorni ho letto diversi pareri di persone favorevoli e contrari alla riforma, ma la mia opinione è rimasta invariata. Circa la separazione delle carriere, vero cardine della riforma, sono a favore, essenzialmente per una questione di imparzialità e di parità tra accusa e difesa.
La possibilità di passare dalla funzione requirente (ovvero i pm che conducono le indagini) a quella giudicante e viceversa potrebbe comportare, ad esempio, che un giudice si trovi a dovere giudicare su questioni analoghe a quelle per cui in passato ha condotto delle indagini da pm (o magari questioni che in parte riguardano le stesse persone indagate), rimanendone in qualche modo influenzato.
Per quanto riguarda la parità tra accusa (pm) e difesa (avvocato difensore), queste dovrebbero confrontarsi davanti a un giudice terzo senza possibilità di condizionamenti. Invece potrebbe succedere che un giudice giudichi sull’operato di un altro giudice (il pm) con il quale magari condivide Csm, concorsi, correnti ecc., eventualità che non si verificherebbe separando le carriere.
La parità tra accusa e difesa potrebbe essere messa a rischio anche qualora il giudice rimanga in qualche modo condizionato, in determinati casi, dalla sua precedente attività da pm, aderendo maggiormente all’impostazione dell’accusa.
Il secondo pilastro della riforma è la creazione di due Consigli Superiori della Magistratura (il Csm si occupa di concorsi, trasferimenti, promozioni ecc.), uno composto da magistrati requirenti e l’altro da quelli giudicanti, che vengono nominati tramite sorteggio fra tutti i magistrati appartenenti alle rispettive categorie. Il sorteggio è la grande novità con cui si cerca di superare la logica delle correnti e degli scambi di favori (ad una corrente va la nomina di un procuratore capo di una città e all’altra corrente va quella di presidente di Tribunale in un’altra città, come scritto sul libro dell’ex presidente Anm Palamara).
Infine l’istituzione dell’Alta corte disciplinare: si tratta di un nuovo organo che si occupa di procedimenti disciplinari a carico dei giudici, funzione che verrebbe sottratta al Csm. La finalità è quella di evitare che i conti si regolino all’interno dello stesso organismo, dove si potrebbe verificare che un giorno io favorisco te e un altro giorno tu favorisci me. Meglio un giudice terzo. Il cittadino avrà più fiducia nella giustizia sapendo che un giudice che abbia sbagliato paghi.
In definitiva questa ddl porterà ad una riforma della magistratura più che a una riforma della giustizia, che ha i suoi problemi da risolvere, primo fra tutti la lentezza dei processi. L’obiettivo, dunque, è la magistratura, per una giustizia più equa e trasparente.
Si punta sull’imparzialità nel giudizio, che a mio avviso per essere completa avrebbe bisogno di un altro tassello: togliere ai magistrati la possibilità di diventare politici. Ci sarebbero meno correntismo e minori condizionamenti.