La Sardegna ha la sua prima donna presidente della storia. Alessandra Todde, deputata e personaggio politico di spicco del Movimento 5 stelle, sostenuta da Pd e M5S, ha superato di poche migliaia di voti Paolo Truzzu, sindaco uscente di Cagliari e sostenuto dal centrodestra. Non era previsto ballottaggio, chi prendeva più voti diventava presidente. Staccato, sotto il 10%, Renato Soru, candidato di Azione, Italia Viva, +Europa e altri movimenti locali di sinistra.
Il risultato della Sardegna ha una valenza anche in chiave nazionale: per la coalizione di centrodestra rappresenta sicuramente una bruciante battuta d’arresto, che deve far riflettere in ottica futura, mentre per le opposizioni si tratta di una chiara indicazione all’alleanza Pd-M5S (il cosiddetto “campo largo”) quale unica strada percorribile se si vuole vincere. È stata una lezione anche per Calenda che ha candidamente ammesso come non ci sia più spazio per candidati terzi.
La sconfitta della destra è da ricondurre alla pessima campagna elettorale condotta in Sardegna, con lo scontro tra gli alleati nella trattativa per la candidatura a governatore e con la scelta finale di Paolo Truzzo, imposto dalla premier.
Fratelli d’Italia vuole fare valere i rapporti di forza dettati dai consensi e dai sondaggi, per cui ambisce, quale partito con più seguito, a un numero maggiore di governatori regionali. In questo però dovrebbe avere il supporto sincero e incondizionato degli altri partiti della coalizione, altrimenti dietro una debole unità di intenti si celeranno spaccature interne, anche locali, e si andrà a sbattere.
Certamente la continuità dei governatori paga quando il consenso è alto, e in questi casi potrebbe essere giusto non insistere su candidati imposti per la sola appartenenza al partito più forte. Le decisioni, tuttavia, vanno prese prima, senza ricorrere alla teatralità dell’ultimo momento come successo in Sardegna.
Il centrodestra non può permettersi di perdere nelle prossime elezioni regionali in Abruzzo (dove non dovrebbe avere problemi) e in Basilicata, altrimenti la sconfitta in Sardegna non sarebbe da interpretare come un semplice incidente di percorso ma come l’inizio di una discesa dei consensi, pericolosa in vista delle elezioni europee, da sempre considerate vere e proprie elezioni di medio termine per il governo nazionale.
Il voto in Sardegna, inoltre, ha mostrato una scarsa proiezione della popolarità della premier sui candidati locali, cosa che probabilmente “condannerà” Giorgia Meloni a candidarsi anche alle elezioni europee, a testimonianza del fatto che, almeno per ora, i voti sono più suoi che di FdI.
Per le opposizioni, invece, la vittoria in Sardegna è significativa da molti punti di vista. A mio avviso la sinistra non ha vinto per una mangiata di voti come si vuole far credere, in quanto vanno considerati i tanti consensi raccolti da Renato Soru, poco sotto il 10%. Si tratta di voti di elettori soprattutto di sinistra, per cui se ci fosse stato un bipolarismo o un ballottaggio la vittoria sarebbe stata schiacciante.
Altri motivi che fanno sorridere la sinistra sono il fatto che non vinceva un’elezione regionale dal 2020 e che non riusciva a vincere in una regione governata dalla destra dal 2015.
Il Pd ha avuto in Sardegna il doppio dei voti grillini, mentre il M5S ha il merito di aver proposto un candidato pentastellato che ha portato alla vittoria. Prepariamoci, dunque, al campo largo anche in futuro, unica speranza di vittoria ma anche causa di una sfida interna per la leadership politica.
Concludo con la prima dichiarazione post voto della neoeletta presidente Todde: “I sardi hanno risposto ai manganelli con le matite”, in riferimento alle recenti cariche da parte della polizia nei confronti degli studenti che manifestavano per la Palestina a Pisa. Cosa c’entra? Chi usa i manganelli non lavora né per la destra né per la sinistra, ma per lo Stato, e segue le leggi che decide il legislatore. In sostanza fa il suo dovere.
A tutti coloro che criticano il comportamento della polizia in quel particolare contesto chiederei: cosa dovevano fare? Chi critica dovrebbe, nello stesso momento, indicare quale sarebbe stato il comportamento corretto. Lo hanno suggerito in pochi. Qualche giornalista ha provato a dare una soluzione per quei momenti concitati di resistenza a pubblico ufficiale, spintoni, sputi e insulti: “i poliziotti avrebbero dovuto chiedere i documenti ai manifestanti”. Mi è venuto da ridere.