Settimana di evacuazione per i rifugiati afghani dopo la presa di Kabul da parte dei talebani. Finora sono stati evacuati quasi 100mila persone, ma mancherebbero altre 300 mila persone considerate a rischio e che presto finiranno in mano ai tagliagole.
Una fuga contro il tempo, soprattutto se si considera la conferma di Biden di ritirare le truppe entro il 31 agosto, come previsto originariamente, nonostante un G7 straordinario in cui i Paesi più potenti al mondo hanno chiesto agli USA di prorogare la scadenza per garantire l’evacuazione dei cittadini.
I talebani avevano avvisato che nel caso di proroga ci sarebbero state delle conseguenze.
Da qui la ritirata concordata, che alla luce degli eventi e delle minacce talebane, sembrerebbe quasi vigliacca nei confronti di cittadini che erano stati aiutati e illusi. L’aeroporto di Kabul, dove migliaia di persone si accalcano per fuggire da una vita che non gradiscono, è ormai diventato una polveriera.
Proprio in aeroporto 3 giorni fa un attentato Kamikaze ha causato circa 200 morti tra cui 13 militari USA. L’attacco dimostra come la situazione in Afghanistan sia più ingarbugliata di come possa sembrare. C’è in corso anche una guerra civile. L’attentato è stato infatti rivendicato dalla fazione afghana dell’Isis, lo Stato Islamico nato in Siria e Iraq. Si tratta di un gruppo fondato nel 2015 da comandanti talebani, delusi, nella provincia afgana di Khorasan, da cui il nome di Isis-K. Inizialmente affiliati al vecchio Isis, si sono nel tempo staccati, rendendosi autonomi, conquistando territori afghani e combattendo i talebani, ritenuti religiosamente impuri e politicamente in combutta con gli odiati americani. Per l’Isis-K non deve esistere la politica: solo Dio può governare, con un’interpretazione della legge islamica ancora più ortodossa. In sostanza stiamo lasciando donne e bambini nel bel mezzo di una spietata guerra tra tagliagole. La gestione del ritiro è stata completamente scriteriata.
E da questa settimana è emerso un dramma ancora più evidente: l’Unione Europea, e quindi anche l’Italia, non ha una politica estera. Il G7 ha confermato che l’America non ascolta nessun parere, neanche quello degli alleati più stretti. Ogni scelta geopolitica viene fatta in America e per l’America. A noi europei spetta un ruolo da comprimari, senza autonomia strategica. A mio avviso servirebbe un esercito europeo, a sostegno delle nostri azioni diplomatiche, altrimenti si finisce per essere poco considerati.
L’unica cosa che ci preoccupa e che ci fa sbraitare nei vertici ridicoli di politica estera è il fenomeno migratorio. Per il resto subiamo impotenti le scelte di un’amministrazione americana che nella gestione del ritiro ha mostrato non poche falle. Innanzitutto la modalità del ritiro, precipitoso. Si sarebbe dovuto iniziare prima ed osservare man mano la successione degli eventi. Eventualmente si rimetteva mano agli accordi o si ripensava la data di uscita. Non stiamo mica parlando di un patto di sangue firmato davanti a Dio.
Visti i fatti di questi giorni mi viene da pensare anche ad una grossa cantonata presa dall’intelligence americana, che evidentemente aveva sottovalutato la forza dei talebani e aveva fatto pensare che ci sarebbero voluti mesi prima che questi si riprendessero il Paese. Infine l’accordo tra americani e talebani del 2020: che senso ha negoziare con i talebani senza fare partecipare il governo afghano? Lo hai praticamente desautorato.
Se fai un accordo e la controparte in poco tempo riconquista tutto il Paese mentre tu osservi inerme, ammetti di non aver fatto un bel lavoro con le truppe afghane e di aver fatto un accordo farlocco. Addirittura i talebani sono arrivati a minacciarti se non lasci il paese entro il 31 agosto.
Tu rispondi andando via con la coda tra le gambe, non è un epilogo inglorioso? È palese che le carte in tavola siano cambiate.
Si è trattato di un ritiro senza condizioni, da dilettanti