Una ragazza di 17 anni è stata violentata il 7 luglio al Foro Italico di Palermo da 7 persone, tra le quali una che conosceva la vittima, l’ha presentata al resto del gruppo, non ha partecipato attivamente allo stupro e ha filmato tutta la scena di violenza sessuale per 20 minuti.
Il caso è esploso a distanza di tempo con la diffusione del video. I 7 ragazzi, poco più che maggiorenni, vengono arrestati.
Il più piccolo di loro (ancora minorenne il giorno della violenza di gruppo, ha compiuto gli anni nel mese successivo) era stato inizialmente scarcerato per “resipiscenza” (in sostanza un ravvedimento) e inviato in comunità per un percorso educativo, tuttavia è stato nuovamente arrestato qualche giorno fa perché la prima cosa che ha fatto dopo la scarcerazione è stata crearsi nuovi profili sui social e riempirli di frasi con riferimenti alla vicenda, da cui trapelavano chiaramente compiacimento delle sue azioni, arroganza, mancanza di scrupoli o di pentimento (“la galera è il riposo dei leoni”, “le cose belle si fanno con gli amici” ecc.).
Personalmente credo che a Palermo si sia consumata la più classica delle scene di un fallimento sociale, educativo e genitoriale. Un fallimento, sia chiaro, che non riguarda solo i genitori di Palermo, ma tutto il progetto formativo dei nostri tempi. Ne sono una testimonianza altri innumerevoli episodi come, il più recente, lo stupro di gruppo a Caivano, nel napoletano, dove due cugine di 13 anni sono state violentate da un branco di adolescenti.
La vita di ognuno di noi può essere paragonata alla storia della civiltà. Nasciamo barbari e nel corso degli anni, grazie all’insegnamento dei genitori e all’ausilio della scuola, diventiamo persone civili, capaci di dominare gli istinti, il potere, il denaro, e di mettere in pratica i valori che ci vengono trasmessi non solo dalla famiglia e dagli educatori, ma anche dalla società.
Allo stato attuale questo percorso educativo è pieno di ostacoli e si realizza tra mille difficoltà, e spesso fallisce. La causa è da ricercare nella società che corre, poco attenta ai principi e che non consente (per la sua velocità) ai genitori di essere padri e madri attraverso l’esempio. La scuola fa poco, con gli insegnanti che non guadagnano abbastanza rispetto al costo della vita, sono demotivati e timorosi di essere denunciati per una parola o un gesto fuori posto.
Il risultato è la circolazione di ragazzi che sono allo sbando, senza una guida, e che vivono una doppia vita, una reale e concreta, e un’altra virtuale, da loro considerata più importante della prima. Per i ragazzi di oggi ogni cosa ha un senso solo se entra nei social, per cui vivono alla continua ricerca del consenso virtuale.
Basti pensare all’episodio di Roma di qualche mese fa quando un Suv noleggiato da cinque giovani si è schiantato contro una Smart causando la morte di un bambino di 5 anni, mentre i ragazzi all’Interno del Suv filmavano la folle corsa per una sfida virtuale (stare al volante per 50 ore consecutive).
Tornando all’episodio di Palermo ci sono esperti che addirittura ipotizzano che se i ragazzi del branco avessero avuto il cellulare fuori uso non avrebbero stuprato la ragazza.
Ho letto alcune frasi trovate nelle chat degli indagati (“falla ubriacare che poi ci pensiamo noi”, “eravamo 100 cani sopra una gatta”, “compare l’ammazzammo, è svenuta più volte, ci siamo divertiti”), davvero agghiaccianti. Come raccapriccianti trovo i messaggi inviati dalle ragazze, con la richiesta di uscire insieme, al componente del gruppo che era stato scarcerato e che aveva ripreso una nuova attività social, prima di essere spedito nuovamente dietro le sbarre. Tutto pazzesco.
La follia di questi ragazzi di oggi lasciati un po’ allo sbando, associata all’uso aberrante del cellulare, portano ad un cocktail esplosivo. Va dato un freno. Tornare indietro non si può, i social non possono essere tolti, la società continuerà a correre.
Due soluzioni: pene severe (e pubblicizzate) in modo da incutere paura, e cambiare radicalmente il progetto educativo. Pitagora diceva: educare i bambini per evitare di punire gli adulti.