Per salario minimo si intende una soglia di retribuzione, su base oraria e stabilita per legge, che deve essere garantita a tutti i lavoratori (sia dipendenti stabili che lavoratori precari) e che non può essere ridotta attraverso un contratto collettivo o privato. Il datore di lavoro, dunque, non può scendere sotto questa soglia senza violare la legge.
Nel dibattito politico si discute da anni della sua introduzione, con la sinistra e parte dei sindacati favorevoli e la destra più scettica, tuttavia la discussione puntualmente si arena e non se ne fa nulla.
Recentemente i principali gruppi di opposizione, esclusa Italia Viva, hanno presentato una proposta di legge per introdurre il salario minimo a 9 euro lordi. La proposta, prima di essere discussa alla Camera, deve essere votata alla commissione parlamentare competente (attualmente la destra ha la maggioranza in tutte le commissioni).
Inizialmente i membri di maggioranza della commissione avevano presentato un emendamento soppressivo della stessa proposta, in modo da non farla arrivare in Aula (prima alla Camera e poi al Senato), dove normalmente la discussione sulle proposte di legge ha una risonanza maggiore rispetto alle commissioni. In sostanza si trattava un modo per stopparla subito. Alla fine il centrodestra ha però deciso di ritirare l’emendamento soppressivo per cui a settembre inizierà la discussione in Aula.
La premier Meloni ha dunque offerto il dialogo sul salario minimo e si è detta disposta al confronto, anche se continua a dichiarare che preferisce favorire una contrattazione collettiva più virtuosa. La sua paura è legata al fatto che il salario minimo diventi un parametro sostitutivo e non aggiuntivo alla contrattazione collettiva su cui lei invece vorrebbe puntare.
In Italia ogni settore lavorativo ha un suo contratto che, tra le altre cose, stabilisce un minimo salariale per quella determinata categoria di lavoratori. Si tratta dei cosiddetti contratti collettivi nazionali che vengono concordati a livello nazionale per le varie categorie di lavoratori e firmati dai sindacati (che rappresentano i lavoratori) e dalle associazioni datoriali (che rappresentano le aziende, la principale è Confindustria).
La destra punta ad una contrattazione migliore, pensando che l’introduzione del salario minimo potrebbe in parte bloccare tale contrattazione ed essere controproducente per molti lavoratori. Anche i sindacati appaiono divisi: Cgil e Uil favorevoli, Cisl contraria per paura di un minore coinvolgimento dei sindacati nella contrattazione che diventerebbe così inevitabilmente più debole.
Un altro timore legato al salario minimo di 9 euro è l’innalzamento del costo medio del lavoro (uno studio parla di un incremento del 20%) con conseguente aumento della disoccupazione.
In definitiva, anche se rappresentiamo un’anomalia in quanto una legge sul salario minimo è presente in tutti i paesi più avanzati (sui 27 paesi membri dell’Ue non c’è in Italia, Danimarca, Austria, Finlandia e Svezia), personalmente non capisco se una sua introduzione porterebbe realmente a dei benefici.
Sicuramente il compito del governo deve essere quello di individuare gli strumenti per migliorare il potere di acquisto dei lavoratori, già falcidiato dall’inflazione. Va bene il salario minimo, ma chi aiuta le aziende? Sono loro che danno lavoro a milioni di italiani. Se introduci il salario minimo devi contemporaneamente abbassare le tasse al datore di lavoro. La riduzione del cuneo fiscale fa la sua parte, ma non basta.
Gli sforzi devono essere concentrati sul lavoratore, a cui va data una retribuzione più dignitosa rispetto al carovita a cui stiamo assistendo, mentre le aziende vanno alleggerite nelle loro spese. Cerchiamo altri strumenti: meno bonus senza senso e più controlli al fine di ridurre il costo della vita per le persone. Caro vita, caro benzina, caro bollette, caro turismo, caro aerei, caro affitti, caro mutui. Possibile che non si riesca a mettere un freno al rialzo dei prezzi?
Ci deve essere proporzione tra la retribuzione dei lavoratori e il costo della vita. Non si può lavorare su pochi euro della retribuzione e non fare nulla per evitare l’impennata continua dei prezzi in tutti i settori. Se al lavoratore diamo 1400 euro anziché 1500€, ma la benzina non la paga più quasi 2€ al litro, al ristorante può mangiare con 30€ anziché con 60, una stanza in affitto al nord la paga 400-500 euro anziché 800, a lui andrà sicuramente meglio. Va aumentato il potere d’acquisto, se non ce la facciamo a dare più soldi al lavoratore, almeno freniamo il rialzo dei prezzi.