Le Camere hanno accordato al governo Draghi la fiducia, a larghissima maggioranza come nelle previsioni.
Il nuovo premier ha tenuto un discorso di alto profilo dichiarando che non si tratta di un governo nato dal fallimento della politica. Rivolgendosi ai partiti ha sottolineato l’importanza dell’unità di vedute, che non deve essere un’opzione ma un dovere. Secondo Draghi, inoltre, tutte le forze politiche devono prendersi la loro responsabilità. Non poteva mancare il passaggio europeista: “l’euro è irreversibile, non c’è sovranità nella solitudine”.
I leader politici hanno elogiato il discorso di Draghi, i temi toccati e le soluzioni proposte sono apparsi fin da subito condivisibili da tutti i partiti. Una vera e propria luna di miele.
Io non ho potuto fare a meno di pensare ai giorni dell’insediamento di un altro tecnico a Palazzo Chigi, Mario Monti. Ricordo ancora le parole di un mio caro amico, che io vedrei bene come politologo in televisione e che ogni domenica legge il mio editoriale, alla sua prima conferenza: “Antonio, quelle mani, che eleganza! Si vede che non ha nulla a che fare con la politica! Rimetterà a posto l’Italia e se ne andrà in punta di piedi, prendendo le distanze da tutti i partiti”. Sappiamo tutti come andò a finire: non ha messo a posto l’Italia (per me ha messo una piccola pezza, ma almeno l’ha messa), è stato successivamente criticato dagli stessi partiti che gli avevano dato una fiducia record alla Camera (556 voti a favore contro i 535 di Mario Draghi) e ha tentato la carriera politica.
La scelta di soli tecnici penalizzò Mario Monti, i partiti non ci misero la faccia direttamente, e dopo un appoggio iniziale, utile per tirare a campare e rimanere incollati alla poltrona il più possibile, presero le distanze. Inizialmente, dunque, fu osannato dai politici, nonostante la scelta di un tecnico altro non sia che la certificazione di un loro fallimento. Successivamente è stato criticato come se i provvedimenti presi dal suo governo non fossero stati votati da loro stessi. Dicesi faccia tosta.
Draghi, sapendo di avere a che fare con persone che in questo momento lo esaltano per amore verso la poltrona e che potrebbero in futuro abbandonarlo fino ad insultarlo pur di vedere salire i propri consensi (come successo appunto con Mario Monti), ha preferito fare una scelta diversa, un mix di politici e tecnici, mantenendo una certa continuità, nella scelta dei ministri, con l’esecutivo precedente. Questo potrebbe aiutare a richiamare le forze politiche alle loro responsabilità: se si sbaglia la colpa sarà di tutti.
A mio avviso l’effetto sarà un altro, come palesemente emerso in questa settimana appena trascorsa. Saremo in perenne campagna elettorale per tutta la rimanente legislatura. Lo stop improvviso e ridicolo all’apertura degli impianti sciistici (quasi 300 impianti, che avevano assunto personale e sostenuto spese per la ripartenza in sicurezza, sono stati chiusi la sera prima con un comunicato più freddo della neve) ha portato alle critiche di un ministro leghista, Garavaglia, verso un altro ministro di diverso colore politico, Speranza.
Litigano ancora prima di partire. E i cittadini saranno costretti a sorbirsi questi comportamenti dopo aver già mal digerito un’atro scempio: la preoccupazione di tutti i partiti di giustificare i propri riposizionamenti, le alleanze e le scelte incoerenti nel nome dell’interesse nazionale. Va bene. Almeno però non sbraitate come se foste all’opposizione.