L’incontro in Russia tra il presidente cinese Xi Jinping e il presidente russo Vladimir Putin è stato il fatto più importante della settimana.
C’era grande attesa per il risultato del colloquio a due, durato circa 5 ore, e per una potenziale svolta nel conflitto ucraino promossa dalla Cina. Lo diciamo subito, non c’è stata alcuna svolta, né alcun annuncio importante. L’accoglienza del Cremlino è stata molto calorosa, quasi imperiale. I due leader si sono incontrati già 40 volte, si stimano, e si chiamano, anche in questa occasione, “caro amico”.
Durante il vertice sono stati toccati essenzialmente due temi: il rapporto commerciale Cina-Russia e la guerra in Ucraina. In maniera velata aggiungerei un terzo argomento: la condivisa posizione antioccidentale.
Per quanto riguarda il primo tema è stata stabilita una continuazione e un’intensificazione dei rapporti commerciali: più imprese cinesi nel territorio russo al posto di quelle occidentali e più gas siberiano pompato in Cina.
Questione ucraina: Putin ha affermato di condividere il piano di pace cinese pubblicato alcune settimane fa e costituito da 12 punti. Nel documento, in sintesi, si chiede di rispettare l’integrità territoriale, cessare le ostilità, riprendere i colloqui di pace, non fare uso di armi nucleari e biochimiche, favorire le esportazioni di cereali ucraini, mettere fine alle sanzioni unilaterali.
A mio avviso si tratta di un piano fumoso, poco dettagliato, da cui traspare la posizione ambigua della Cina, definita da Washington “non imparziale”. Nel piano si predica il rispetto dell’integrità territoriale e un cessate il fuoco immediato, ma questo cosa comporterebbe? La Russia manterrebbe i territori conquistati oppure dovrebbe restituirli (sancendo la sconfitta di Putin)?
Non manca, inoltre, la stoccata antioccidentale (fermare le sanzioni unilaterali), che lascia trapelare la vicinanza politica tra i due leader, in contrapposizione a tutto l’Occidente (USA e UE) e agli alleati del Pacifico (Giappone, Corea del Sud e Australia).
Dall’incontro, inoltre, è emersa la volontà della Cina di mostrarsi alleata di Putin ma di controbilanciare questa scelta ritagliandosi il ruolo di parte neutrale. Il vero obiettivo di Xi tuttavia è abbastanza chiaro: la cessazione delle ostilità (a leggero favore dei russi). La Cina non vuole assolutamente la caduta di Putin, in quanto perderebbe l’unico alleato che sostiene qualunque sua decisone, e rimarrebbe da sola contro il mondo occidentale.
In aggiunta il rapporto commerciale sempre più stretto lega e subordina la Russia alla superpotenza cinese, situazione che fa comodo alla Cina, che d’altro canto non vuole minimamente rinunciare al commercio europeo. Il petrolio e il gas russi a prezzi scontati sicuramente sono importanti, gli scambi commerciali con i russi fruttano circa 200 miliardi di dollari all’anno, ma sono minori rispetto al valore dei rapporti tra Cina e Stati Uniti, circa 700 miliardi, e tra Cina e Ue, circa 850 miliardi.
Da qui la volontà cinese di un cessate il fuoco senza la caduta di Putin: rimangono i rapporti con l’Occidente e si instaura una sudditanza psicologica, chiarissima (e triste) anche durante il vertice, della Russia nei confronti della Cina.
L’America non ci sta, non vuole una Cina ancora più potente e desiderosa di sovvertire l’ordine mondiale. Ergo, la guerra continua.