Ad inizio settimana scorsa sono rimasto colpito da una frase pronunciata dal governatore della Regione Puglia Emiliano: “conosco Renzi, se si è messo in testa di fare cadere il governo lo farà”. E così è stato.
Il leader di Italia Viva ha ritirato la delegazione del suo partito al governo, ovvero le ministre Bellanova (politiche agricole) e Bonetti (famiglia e pari opportunità) e il sottosegretario agli Esteri Scalfarotto. Le motivazioni delle loro dimissioni sono essenzialmente le seguenti: un Recovery plain insoddisfacente, una gestione sbagliata della pandemia, il no (ideologico) alla linea di credito “sanitaria” del Mes, la delega ai servizi segreti mantenuta da Conte.
La mossa renziana ha di fatto aperto una crisi di governo che Conte porterà in Parlamento già domani, andando alla cosiddetta conta. In sostanza il premier andrà alla Camera e al Senato per capire se esiste una maggioranza anche senza Italia Viva. Alla Camera, numeri alla mano, non ci saranno problemi. In Senato il governo rischia invece di cadere: senza Italia Viva (che conta 18 senatori) mancano 11 senatori per ottenere la maggioranza. Conte, i grillini e il Pd sono fiduciosi. A loro avviso ci sarebbero dei senatori “responsabili” che pur di evitare il voto in questa fase delicata di pandemia entrerebbero a far parte della maggioranza. Si tratterebbe di senatori provenienti dal gruppo misto o da altri partiti. Si è inoltre formato un gruppo di senatori autonomi, chiamato Maie-Italia23, pronto a sostenere il premier a Palazzo madama.
Quindi Conte troverà una nuova maggioranza “derenzizzata” o sarà sfiduciato. In questo secondo caso si aprirebbero tre scenari: stessa maggioranza con premier diverso, governo istituzionale oppure il voto.
È stata una settimana per certi versi surreale. Un’indagine statistica ha mostrato che più del 50% degli italiani non sa perchè ci sia questa crisi di governo. La causa è da attribuire ad una politica che sta diventando sempre di più un teatro. Negli stessi talk show serali si preferisce parlare di Salvini che suona ai citofoni anziché di Recovery plan, che andrebbe spiegato e discusso con il contraddittorio in studio.
Renzi in questi giorni ha parlato di esponenti politici di primo piano che neanche avrebbero letto il documento. In effetti, nonostante siano state fatte delle modifiche importanti al testo (per venire incontro alle richieste di Italia Viva), non ho sentito una sola intervista nel merito da parte di quasi tutti gli schieramenti. La crisi di governo comunque c’è, gli italiani se ne fanno una ragione come al solito e in questi giorni stanno assistendo a squallide trattative per la ricerca di senatori, chiamati da alcuni responsabili o costruttori, da altri peones, al fine di creare un governicchio sotto perenne ricatto di singoli parlamentari. Già essere ricattati da piccoli partitini non è il massimo, figuriamoci una Nazione che diventa ostaggio di singole persone che fino a qualche giorno fa stavano in Parlamento senza neanche avere un’appartenenza politica. Paradossale.
Mi viene da sorridere, poi, quando sento gli appelli alla responsabilità da parte di tutte le forze che governano, le stesse che quando erano all’opposizione non hanno mai mostrato responsabilità, anzi ogni pretesto era buono per invocare il voto. In realtà è sempre stato così, a prescindere dai colori politici. Purtroppo stiamo pagando le storture di una legge elettorale che non garantisce la governabilità, e che porta inevitabilmente alla formazione di governi costituiti da una accozzaglia di partiti, che poi litigano con successiva formazione di altri governi che, formati grazie al soccorso di transfughi parlamentari imbarazzanti, non rispecchiano la volontà degli italiani espressa qualche anno prima nelle urne.
Non ci si deve stupire, dunque, se qualcuno parla di inutilità del voto. Ogni governo promette di cambiare il sistema di voto e puntualmente questo non succede. Ci tocca sempre l’Armata Brancaleone. Vergognoso.