Scelta impopolare del governo Meloni che, dopo avere ridotto lo sconto sulle accise da 30 a 18 centesimi al litro dal primo dicembre 2022, ha deciso di toglierlo del tutto dal primo gennaio 2023.
Lo sconto era stato introdotto a marzo 2022 dal governo Draghi per calmierare i forti rincari causati dall’inizio della guerra in Ucraina.
Le accise sono state decise dai governi che si sono succeduti nel tempo per finanziare capitoli di spesa in diverse situazioni di emergenza (guerre, terremoti ecc.). Sono in totale 17 e gravano significativamente sul prezzo finale di benzina e gasolio. Al prezzo finale concorre un’altra tassa: l’Iva. In media la materia prima costa poco meno del 50% del prezzo finale alla pompa, mentre le tasse (accise e Iva) poco più del 50%.
Dopo la scelta del governo Meloni si sono succeduti diversi fatti. Le associazioni dei consumatori hanno protestato per i rincari (la premier Meloni nel 2019 si era schierata vivacemente contro le accise). Il governo, per evitare speculazioni da parte dei gestori, ha approvato un decreto ad hoc detto “Trasparenza” a favore della trasparenza nel mercato dei carburanti a vantaggio del consumatore (in vigore da oggi): gli esercenti saranno obbligati ad esporre sia il prezzo da loro applicato che quello medio giornaliero nazionale pubblicato dal ministero delle Imprese, in modo da consentire al cliente di orientarsi nella scelta (previste sanzioni fino a 6 mila euro per le violazioni); fino a marzo i buoni benzina per i dipendenti, dal valore massimo di 200 euro, non verranno tassati (non concorreranno quindi a formare il reddito del lavoratore); se il prezzo della materia prima crescerà, quello che lo Stato incasserà in più come Iva lo utilizzerà per abbassare il prezzo dei carburanti.
Le proteste tuttavia non si sono placate. Protestano anche i gestori che si sentono accusati di speculare sui prezzi. Per loro gli aumenti dei prezzi dei carburanti sono inferiori a quelli previsti con il reintegro delle accise, e sarebbero dovuti esclusivamente alla scelta del governo di non rinnovare il taglio delle accise stesse. È stato inizialmente annunciato uno sciopero dei benzinai per fine mese che poi è stato congelato. Si deciderà in questi giorni.
In definitiva abbiamo assistito ad un vero e proprio pasticcio intorno al prezzo dei carburanti, che sul versante politico ha portato alle accuse dell’opposizione e a fibrillazioni all’interno della maggioranza, con critiche da parte di alcuni esponenti di Forza Italia e Lega.
A mio avviso era un provvedimento da non adottare, lo sconto sulle accise è un segnale tangibile di intervento sulle tasche dei cittadini, e andava mantenuto. Il fine del governo è sicuramente nobile, l’intenzione è quella di dirottare le risorse verso le fasce più deboli con interventi che sono però meno visibili e quindi meno apprezzati. Per il governo lo sconto sulle accise introdotto dal governo Draghi, del costo di 1 miliardo di euro al mese, è invece a vantaggio di tutti i possessori di un’auto, ricchi e poveri.
In realtà credo che a beneficiarne siano soprattutto le classi più deboli e il ceto medio, spesso impegnati a spostamenti per lavoro. Se guardiamo i ricchi, i carburanti potrebbero arrivare anche a 3 euro a litro, comunque non ne risentirebbero.
Il mercato dei carburanti, inoltre, è stato liberalizzato nel 1991: i gestori sono liberi di praticare il prezzo che vogliono. Un po’ come un kilo di pasta che costa di più o di meno a seconda del supermercato dove si va. I gestori in questo non hanno colpe. Sicuramente in presenza di un’impennata sproporzionata dei prezzi, comoda a tutti i gestori, sarebbe giusto stoppare i rialzi e imporre un tetto.
Concludo con un’osservazione. All’opposizione dicono sempre che occorre fare delle cose e il governo risponde puntualmente: dove prendiamo i soldi? È successo anche stavolta. PD e M5S hanno criticato la rimozione dello sconto delle accise, e il governo ha risposto che col taglio delle accise non ci sarebbero stati altri aiuti. In passato però le stesse forze di destra criticavano l’esistenza delle accise e il governo rispondeva che erano necessarie. In sostanza all’opposizione, da sempre, si sbraita e si collabora poco. Questo dovrebbe fare capire che a volte è forse meglio continuare con la stessa compagine di governo per qualche anno e non solo con lo stesso Parlamento che invece resiste solo per l’attaccamento alla poltrona e per la necessità di arrivare al limite temporale per la pensione.