Giulio Regeni era un dottorando italiano dell’Università di Cambridge, rapito torturato e ucciso nel 2016 in Egitto. La vicenda ha creato accese discussioni nel mondo politico italiano e di tutto il mondo per il possibile coinvolgimento del governo egiziano.
Le autorità egiziane hanno parlato inizialmente di incidente stradale, poi di un’uccisione avvenuta per motivi di spaccio di droga, e infine di un omicidio da parte di una banda di criminali specializzati nei rapimenti al fine di estorcere denaro. Le autorità italiane non hanno mai creduto a queste ipotesi fantasiose, il sospetto è che il nostro connazionale sia stato ucciso dagli agenti egiziani perché considerato una spia o un possibile finanziatore della rivoluzione.
La Procura di Roma nel dicembre scorso ha chiuso le indagini preliminari indicando tra gli indagati quattro ufficiali dei servizi segreti egiziani. Ovviamente la magistratura egiziana è in totale disaccordo. In questi giorni ha giudicato del tutto immotivato il processo, non accompagnato da prove certe, e ribadendo l’indisponibilità a collaborare con la magistratura italiana.
Si tratta di uno dei tanti affronti subiti dal nostro governo in questa vicenda, ormai sotto i riflettori di tutto il mondo. Serve a mio avviso una reazione molto decisa, che invece non c’è stata, neanche a parole. Una posizione netta che arrivi addirittura a minacciare le relazioni commerciali (tra cui la vendita di armi) col paese africano. Mi aspetto, inoltre, una richiesta italiana di aiuto all’Ue, la cui politica estera, se non interviene in questi casi, non ha motivo di esistere.
Il silenzio politico italiano di questi giorni lo trovo davvero assordante.