Comincia a prendere forma la XIX legislatura. Il 13 ottobre si riuniranno per la prima volta le Camere del nuovo Parlamento.
Durante la prima seduta verranno eletti i nuovi presidenti di Camera e Senato, mentre il Capo dello Stato Sergio Mattarella potrebbe avviare dal 15 ottobre le consultazioni (durata 2-3 giorni), terminate le quali verrà dato l’incarico di formare il nuovo governo. A quel punto l’incaricato darà al Colle la lista dei ministri.
L’incaricato in questione sarà con ogni probabilità Giorgia Meloni, che sta lavorando in questi giorni alla squadra di governo. “Sarà un governo di alto profilo”, soprattutto politico ma senza chiudere a qualche ministro tecnico nei dicasteri chiave.
La leader di Fratelli d’Italia è ben consapevole (“non dormo la notte”) del momento delicato che stiamo attraversando, dalla pandemia alla guerra, dalla crisi energetica all’inflazione. Gli italiani si aspettano risposte concrete ed incisive. Alla maggior parte interessa poco, in questo momento storico, come il governo tratterà il tema dei diritti civili o altre questioni romantiche, servono interventi che andranno a incidere sull’economia.
Sono state fatte delle promesse, non solo da Fratelli d’Italia, ma da tutto il centrodestra, ora servono i fatti: riduzione della pressione fiscale per imprese e lavoratori con almeno un tentativo di flat tax, abolizione o profonda revisione del reddito di cittadinanza, aumento delle pensioni minime, sostegno a famiglie e natalità.
L’impresa è ardua e gli alibi non saranno accettati. Altrimenti era meglio continuare col precedente governo per un altro anno. Draghi ha lasciato un’eredità pesantissima, soprattutto nei rapporti con l’Europa. Diciamolo chiaramente, la sensazione era che con lui avremmo ottenuto tanto. Lo si percepiva già dalle interviste dei leader internazionali.
Un’altra priorità del governo, dunque, devono essere le relazioni internazionali, da soli non si va da nessuna parte. Inutile fare la voce grossa quando si fa parte di un sistema che abbiamo voluto. Bisogna influenzare il sistema stesso da dentro e da protagonisti, come si proponeva di fare Mario Draghi.
Passiamo ora alla compagine del prossimo governo. La Lega ha insistito in settimana su Matteo Salvini al Viminale come “candidato naturale”. Il leader della Lega ha già ricoperto l’incarico di ministro dell’Interno durante il primo governo Conte, raggiungendo il picco della sua carriera politica (Lega al 34%).
Giorgia Meloni ha fatto chiaramente capire di essere contraria alle nomine imposte, e probabilmente dirotterà Salvini su un altro ministero (Agricoltura? Infrastrutture?), essendo il segretario leghista ancora sotto processo per sequestro di persona e omissione di atti d’ufficio proprio durante il suo incarico al Viminale. Il presidente Mattarella potrebbe ritenere poco opportuna una sua nuova nomina allo stesso ministero.
Sicuramente a Salvini verrà comunque dato un incarico di peso, per non farlo sparare contro il governo al fine di aumentare nei sondaggi.
Queste scaramucce potrebbero essere solo un antipasto di ciò che sarà il nuovo governo. Si tratta di una coalizione tra 3 partiti di cui due fino a qualche giorno fa erano in una maggioranza di governo e uno era all’opposizione.
Salvini e Berlusconi non hanno mai visto di buon occhio la non partecipazione di FdI al governo Draghi. Ora che sono al governo, seppur con un 9 e un 8% rispettivamente, potrebbero staccare la spina in qualsiasi momento. Hanno i numeri per farlo.
Quindi pretenderanno tanto, anzi credo che si comporteranno come se le percentuali di presenza in maggioranza fossero uguali. Giorgia Meloni dovrà al più presto passare da leader di partito a capo di una coalizione. Non è proprio la stessa cosa.