Si è aperta la crisi di Governo dopo lo strappo del Movimento 5 stelle che non ha votato in Senato il decreto Aiuti e la fiducia al Governo Draghi. Il premier ha così rassegnato le sue dimissioni al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella che non le ha accolte e ha rinviato lo stesso Presidente del Consiglio in Parlamento per verificare se il Governo disponga ancora di una maggioranza.
A questo punto gli scenari possibili sono quattro: elezioni subito, stesso governo (con la stessa maggioranza), un Draghi bis (con maggioranza diversa da quella attuale) o un nuovo premier.
La reazione dei partiti: Lega e Forza Italia sono sospesi tra il voto e la continuità di Draghi senza il M5S, per il Pd l’imperativo è continuare con Draghi (con o senza il M5S), i piccoli partiti (Renzi ecc.) vorrebbero che Draghi proseguisse il suo impegno. Fratelli d’Italia è per il voto subito. E il M5S? Non si capisce cosa voglia veramente, come sta capitando spesso nelle ultime settimane. Dopo non avere votato un decreto importante, alcuni esponenti del partito dichiarano di volere staccare la spina e andare subito ad elezioni, altri affermano di volere dare la fiducia a Mario Draghi.
In realtà il governo potrebbe rimanere in carica anche senza i voti del M5S, perché avrebbe comunque la maggioranza alle Camere (sarebbe già pronto, inoltre, un gruppo nutrito di parlamentari disposti a passare con Di Maio). Quindi la crisi non è parlamentare (quando viene meno la maggioranza numerica) ma politica. Draghi qualche giorno fa era stato chiaro: “non ci sarà un Draghi bis, se un partito non vota la fiducia si apre la crisi”. Vedremo cosa succederà, anche alla luce delle pressioni che il premier sta subendo dai partiti e dal Capo dello Stato.
Sicuramente non è il momento migliore per fare nascere una crisi di governo. È in corso una guerra, c’è lo spettro di una grave recessione economica e il perdurare della pandemia. Personalmente, però, non concordo con quelli che parlano di irresponsabilità quando si fa cadere un governo. Se andiamo ad analizzare gli ultimi anni della legislatura non ci sono stati mai momenti poco delicati, soprattutto per un Paese come il nostro, indebitato e sempre esposto alla speculazione finanziaria. Quindi morto un governo se ne fa un altro velocemente.
Il discorso a mio avviso è però un altro. Draghi è stato scelto per la sua autorevolezza e il suo prestigio. E diciamolo chiaramente, non sta sbagliando un colpo. Perché rinunciare ad uno come lui? Io lo trovo davvero incomprensibile.
Anche le motivazioni che i giornali riportano quali vere cause della crisi non appaiono insuperabili: i grillini non vogliono il termovalorizzatore a Roma (che poi in piena crisi energetica ci starebbe proprio bene), non vogliono la riforma del reddito di cittadinanza (il Governo vuole abolire il sussidio nel caso si rifiuti una sola proposta di lavoro), e vogliono uno sblocco delle procedure per il Superbonus 110%, che Draghi non ha mai apprezzato nella sua impostazione generale e che per questo motivo sta modificando.
In realtà Conte ha fatto anche altre richieste, tuttavia questi tre punti dovrebbero essere le vere cause della crisi. Poca sostanza, si sta facendo cadere un governo davvero per poco. Andava trovato un accordo. Posso capire la voglia di risalire nei consensi, ma non poteva essere scelta via più scriteriata, anche tenendo conto dei tentativi di mediazione da parte di Draghi, che qualche giorno fa si era detto disponibile al confronto, mostrando un’apertura che non è stata valutata sufficiente.
Considerando i protagonisti della crisi, inoltre, trovo assurdo che un premier rimosso dal suo incarico vada a fare il capo politico del partito con più parlamentari in carica e faccia cadere il governo successivo al suo (nella stessa legislatura). Un premier rimosso dovrebbe sparire dai radar, almeno per quella legislatura. Davvero incredibile.
Concludo con la tempistica della crisi. Se cadesse il governo in questi giorni, per organizzare nuove elezioni servirebbero circa due mesi. Già si sta parlando di date: 25 settembre, 2 ottobre oppure 9 ottobre. Comunque dopo il fatidico 23 settembre quando saranno toccati i quattro anni, sei mesi e un giorno di legislatura necessari per l’acquisizione del diritto alla pensione (i parlamentari restano in carica fino alla prima seduta del Parlamento successivo). Vitalizio salvo dunque. Si tratterebbe di un’operazione eseguita in microchirurgia.