Oggi gli elettori italiani sono chiamati a votare per 5 importanti referendum in materia di giustizia, oltre alle elezioni amministrative che si terranno in circa mille comuni italiani.
I referendum, promossi dal Partito radicale e dalla Lega (sono stati giudicati inammissibili dalla Corte Costituzionale quelli sulla responsabilità civile dei magistrati, sulla cannabis e sull’eutanasia), sono abrogativi: se vince il “Si” si sceglie di abrogare totalmente o parzialmente una legge in vigore. Se vince il “No” le legge non cambia.
Il referendum è valido se si raggiunge il quorum: deve votare la metà più uno degli aventi diritto al voto. Andiamo con ordine e in estrema sintesi (almeno ci provo).
Nel primo quesito si vota per l’abrogazione della legge Severino che prevede l’incandidabilità alle elezioni politiche o amministrative o la decadenza da tali cariche elettive per coloro che vengono condannati in via definitiva per determinati reati quali mafia, terrorismo, reati contro la pubblica amministrazione (peculato, corruzione o concussione) e per delitti non colposi con pena superiore ai 4 anni di carcere. La legge prevede, inoltre, la sospensione automatica dalla carica (massimo 18 mesi) in caso di condanna non definitiva. Se vince il Sì la legge viene abrogata e sarà il giudice a decidere se applicare l’interdizione dai pubblici uffici.
A mio avviso la legge è da considerare come uno dei più importanti interventi di legge contro la corruzione. Sicuramente può succedere di sospendere temporaneamente dai pubblici uffici delle persone innocenti che poi vengono reintegrate al loro posto. La sospensione temporanea senza una condanna definitiva non è giusta. Andrebbe abolita solo questa parte. Il quesito però riguarda l’intera legge. Con la vittoria del Sì, dunque, potrebbero di nuovo candidarsi dei condannati in via definitiva. Lo trovo assurdo. Io voto No.
Il secondo quesito riguarda la limitazione delle misure cautelari. Attualmente un imputato può essere sottoposto a misure cautelari (custodia preventiva in carcere o a domicilio) prima della sentenza per pericolo di fuga, di inquinamento delle prove o di reiterazione del reato. Nel quesito viene chiesto se abrogare la motivazione della reiterazione per reati meno gravi, senza armi o violenze.
Io voto No perché tra questi reati “meno gravi” rientrano anche lo spaccio di droghe, i furti negli appartamenti o gli atti persecutori. Sicuramente è una pratica abusata, a volte colpisce persone non pericolose. Ma come per la Severino l’abrogazione a mio avviso avrebbe effetti dannosi superiori ai benefici.
Gli altri tre quesiti riguardano l’ordinamento giudiziario.
Nel terzo viene chiesto se abrogare la possibilità per i magistrati di passare dalla funzione requirente (accusatoria) col ruolo di pubblici ministeri a quella giudicante e viceversa (fino a 4 volte). Con la vittoria del Sì si otterrebbe la cosiddetta separazione delle carriere, per cui un magistrato ad inizio carriera dovrà scegliere se essere pubblico ministero (quindi dalla parte dell’accusa) o giudice.
Nel quarto quesito si chiede se la valutazione della professionalità dei magistrati debba essere allargata ad esperti di materie giuridiche, come avvocati o professori universitari. Attualmente solo i magistrati hanno il compito di giudicare gli altri magistrati.
Nel quinto quesito si chiede di abrogare per i magistrati l’obbligo di raccolta di almeno 25 firme per candidarsi come membro del Consiglio superiore della magistratura (l’obiettivo dei promotori è quello di combattere le correnti interne alla magistratura).
Per gli ultimi tre quesiti voto Sì, anche se personalmente trovo ingiusto sottoporre dei quesiti così specifici, inerenti l’ordinamento giudiziario, ai cittadini. Ci sono tante motivazioni valide sia in una scelta che nell’altra. Dovrebbe essere la politica a fare le riforme e a garantire una macchina giudiziaria più funzionante e scevra da complotti interni.
Tra l’altro si tratta di quesiti che toccano questioni già affrontate dalla riforma strutturale della giustizia su cui si sta ancora votando in Parlamento (la Riforma Cartabia, approvata dalla Camera, dovrà essere votata, a beve, in Senato). È facile che potrebbero aprirsi dei contenziosi qualora sia i referendum che la riforma venissero approvati.
Concludo dicendo che nonostante il tema della giustizia sia dibattuto da tantissimi anni di questi referendum si è parlato davvero poco. Inoltre si è scelta una domenica estiva (la prima dopo la chiusura delle scuole, quando la voglia di un fine settimana di vacanza è massima) e un momento storico in cui è in corso una votazione parlamentare sulla stessa giustizia. Geniale.