Antonio Guterres, segretario generale delle Nazioni Unite, ha dichiarato che il mondo rischia “una carenza alimentare globale” che potrebbe durare anni. La guerra in Ucraina, unita agli effetti del riscaldamento climatico e della pandemia, potrebbe portare a carestie, destabilizzazioni sociopolitiche e flussi migratori di massa.
Ad essere colpiti duramente sarebbero soprattutto i Paesi meno sviluppati, che non riuscirebbero a fronteggiare l’impennata dei costi degli alimenti. Si è calcolato che dopo la pandemia circa 1 miliardo e mezzo di persone non riesca a nutrirsi adeguatamente, numero destinato ad aumentare di centinaia di milioni dopo questa guerra in Ucraina.
La crisi alimentare, dunque, già esiste e potrebbe ulteriormente peggiorare. Diversi fattori hanno portato a questa situazione drammatica.
Innanzitutto i cambiamenti climatici che hanno ridotto notevolmente la resa dei campi in diverse parti del mondo. La riduzione delle precipitazioni e le ondate di caldo anomalo hanno colpito importanti Paesi produttori quali gli Stati Uniti, l’India e la Cina. Si tratta di paesi esportatori che stanno quindi trattenendo le scorte per una riduzione della produzione mentre gli importatori non riescono ad acquistarne a sufficienza a causa dell’aumento dei prezzi.
Ai prolungati periodi di siccità si è aggiunta poi la pandemia che a sua volta ha portato ad una crisi di materie prime.
Quando ormai il mondo si preparava a fronteggiare la crisi alimentare scatenata dalla siccità e dal Covid, è arrivata un guerra in una zona del mondo delicata per la produzione di materie prime, in primis i cereali, e tra questi il grano, che costituisce una delle principali fonti di nutrizione, portando alla produzione di pane, pasta e altri alimenti a lunga conservazione.
In sostanza possiamo tranquillamente affermare che il mondo si nutre soprattutto di cereali. Da qui la tragedia alimentare derivante dal conflitto tra Ucraina e Russia, che insieme esportano circa il 30% del grano mondiale (la Russia è anche uno dei maggiori produttori di fertilizzanti).
Molti campi si trovano in zone di guerra e questo potrebbe portare ad una riduzione del raccolto di quasi il 30%. Inoltre ad aggravare la situazione c’è la questione dei porti bloccati.
Nei porti dell’area di Odessa (Ucraina occidentale) transita quasi tutto il grano prodotto dai due Paesi. Gli ucraini hanno minato questa zona di mare per impedire gli attacchi da parte delle navi russe. La Marina militare russa, a sua volta, ha bloccato quell’area con navi e sottomarini, impedendo il transito delle navi che trasportano le materie prime.
Il risultato è che il grano raccolto è attualmente bloccato nei porti, dove rischia di marcire. Secondo il The Economist le tonnellate bloccate sono equivalenti al consumo annuo di tutti i Paesi meno sviluppati del mondo. Una vera e propria beffa.
Mario Draghi, intanto, ha telefonato a Putin nel tentativo di sbloccare il grano ammassato nei depositi ucraini. Il leader russo si è detto disponibile ma in cambio ha chiesto lo stop alle sanzioni e alla fornitura delle armi all’Ucraina. La situazione si fa, dunque, sempre più ingarbugliata e finalmente si intravede una maggiore partecipazione alle trattative da parte dell’Italia, dopo una fase in cui il protagonista indiscusso è stato Macron.
La crisi alimentare, però, spaventa tutti potenti della Terra, e ancora di più sta compattando l’Unione Europea, che proprio in queste ore sta pensando ad una missione navale per scortare il passaggio delle navi di grano dall’Ucraina attraverso il Mar Nero.
Servono a mio avviso azioni congiunte e la partecipazione diretta al tavolo delle trattative, dove Putin cercherà di ottenere dei vantaggi sfruttando il cibo come se fosse un arma.
La Russia sta patendo le decisioni occidentali. Putin si è reso disponibile a sbloccare il grano in cambio della revoca delle sanzioni, che evidentemente fanno male, nonostante affermi che le sanzioni danneggino l’Occidente e addirittura facciano bene alla Russia.
Il leader russo cercherà in tutti i modi di fare pressione sulla comunità internazionale, e si giocherà tutte le carte a disposizione, dal gas al petrolio agli alimenti. L’Occidente resiste alle provocazioni ma non molla, non esorta l’Ucraina alla resa e cerca di mettere delle pezze ai disagi creati su tutti i fronti dalla Russia.
La parola d’ordine è resistere, in attesa degli errori decisivi da parte di un nemico che voleva portare a casa Kiev in pochi giorni e così non è stato.