Ursula von der Leyen, presidente della Commissione Europea, ha annunciato ai 27 Paesi membri della Ue, durante la plenaria del Parlamento Europeo, il sesto pacchetto di sanzioni contro Mosca.
Tra queste spicca il graduale blocco delle importazioni di petrolio dalla Russia, che attualmente rappresenta uno dei principali fornitori dell’Europa (quasi il 30%). L’obiettivo è il blocco totale in poco meno di un anno dall’entrata in vigore delle nuove sanzioni, al fine di “massimizzare” la pressione sulla Russia con un contraccolpo gestibile per i Paesi europei.
In realtà la proposta non è stata ben accolta da tutti, essendoci Paesi quasi totalmente dipendenti dal petrolio russo. Per questo motivo la Commissione avrebbe proposto ad Ungheria (fortemente contraria) e Slovacchia un periodo di transizione più lungo, sino alla fine del 2024, mentre per la Repubblica Ceca fino al 2023 (non accolta la stessa richiesta di deroga da parte della Bulgaria).
Nonostante queste concessioni le sanzioni sono slittate, anche se fonti diplomatiche spiegano che ci sia la volontà da parte di tutti i 27 Stati membri di trovare un accordo. La presidente della Commissione europea si dice convinta che il pacchetto sarà adottato. Vedremo.
Sicuramente l’embargo sulle importazioni dalla Russia sta dividendo l’Europa, che proprio in questo momento è chiamata a superare una difficile prova di credibilità, come già successo durante la pandemia.
I primi pacchetti di sanzioni riguardavano soprattutto le esportazioni, che nel loro insieme valevano l’1-2% dell’ export europeo. Ora siamo arrivati ad un punto in cui le sanzioni comportano notevoli costi e sacrifici anche per noi, con effetti negativi su Pil, occupazione e potere di acquisto delle famiglie. Per questo motivo non tutti i Paesi sono d’accordo quando viene preso di mira il settore energetico.
In realtà l’Italia, nonostante sia particolarmente esposta a causa del debito pubblico elevato e di un quadro politico instabile da anni, si sta comportando in maniera leale e fedele ai principi dell’Ue, cercando di rendersi autonoma dal punto di vista energetico. Anche la Germania, che fino a poco tempo fa si dichiarava contraria all’embargo sul petrolio russo, adesso considera “sostenibile” un eventuale blocco del greggio.
D’altra parte, se non si è uniti, meglio dividersi. A che serve l’Ue se nei momenti topici ogni Stato si muove autonomamente?
L’embargo sul petrolio e sul gas, in questa guerra economica, rappresenta l’attacco decisivo, quello che strozzerebbe l’economia russa e che potrebbe aumentare il dissenso interno perché colpirebbe gli oligarchi e impoverirebbe il Paese.
L’azione politica di Putin infatti si sta già mostrando controproducente in termini economici, avendo fatto perdere alla Russia la credibilità come fornitore, e inducendo gli altri Stati ad adottare nuove politiche per ridurre la propria dipendenza dalla Russia stessa. Ci saranno anni difficili per loro.
Certamente la rinuncia al gas e al petrolio russi avrebbero una pesante ricaduta economica, ma bisogna pur rispondere alla nostra coscienza. E forse uno dei modi per mettere fine al conflitto è proprio quello di smettere di finanziarlo.