Dall’inizio della guerra i Paesi occidentali stanno sostenendo l’Ucraina attraverso aiuti umanitari, supporto finanziario e militare (invio di armi) e l’attuazione di sanzioni finanziarie e individuali sempre più severe.
Giorno dopo giorno, però, sembra che il sostegno alla causa ucraina si stia progressivamente attenuando, la rabbia e lo sdegno non appaiano più quelli dell’inizio, come se quasi ci fosse una rassegnazione al sacrificio degli ucraini.
Un Occidente meno compatto rispetto ai primi giorni: Macron ha detto di “stare attenti alle parole” dopo che Biden aveva definito “genocidio” l’attacco militare russo in Ucraina, la Germania si sta mostrando più fredda sulle sanzioni, la Spagna non è pervenuta, mentre l’Italia si concentra soprattutto sulle conseguenze che un eventuale stop alla fornitura di gas russo potrebbe causare su imprese e cittadini (è stato siglato un accordo in settimana con l’Algeria, da cui arriverà più gas per ridurre la dipendenza dalla Russia). A questo Occidente inquieto si aggiunga il grande assente: l’Onu (quale credibilità potrà avere in futuro se continua di questo passo?).
In questi giorni di sostegno incerto da parte dei Paesi europei è arrivata, puntuale, la dichiarazione tagliente del Presidente russo Vladimir Putin: “l’Europa, umiliata e soggiogata dagli Stati Uniti, si vergogna di dire di essere sotto schiaffo americano”. Parole divisive, che hanno dato slancio alla teoria secondo cui questo conflitto in realtà non sia altro che la guerra tra la Russia e l’America, con quest’ultima intenzionata a sfruttare l’occasione per eliminare o quanto meno indebolire uno dei due nemici-rivali nell’economia mondiale. Meglio affrontarli uno alla volta, prima la Russia e successivamente, magari, la Cina.
Dove sta la verità? Non lo sappiamo, soprattutto perché siamo in guerra, dove dominano le bugie e dove la prima vittima è sempre la verità.
I Paesi europei non hanno uno straccio di esercito comune, si muovono in ordine sparso, dove vogliono andare? A mio avviso la stella polare, almeno per ora, resta e deve essere l’America. La più forte sul piano militare, e come tale va trattata da tutti i Paesi membri della NATO.
Nel discorso di Putin tenuto in settimana mi ha colpito anche un’altra frase: “nelle condizioni difficili la Russia se la cava sempre”, come a voler dire: siamo abituati ai sacrifici, voi forse no. L’eccessiva durata della guerra potrebbe infatti logorare i Paesi europei, in difficoltà davanti alle inevitabili conseguenze economiche di questa conflitto. Meglio, dunque, procedere uniti e compatti e riconoscere una nazione leader, che in questo momento non può che essere l’America.
In settimana, però, c’è da registrare un altro fatto importante: la possibilità che la Finlandia e la Svezia entrino nella NATO dicendo addio alla loro storica neutralità. I loro governi hanno palesato questa ipotesi, discuteranno in queste settimane e prenderanno una decisone definitiva prima del prossimo vertice dell’Alleanza previsto per fine giugno a Madrid.
I due Paesi scandinavi non si fidano di Mosca, specialmente la Finlandia che ha un confine in comune con la Russia di circa 1300 km. I timori della Finlandia sono comprensibili, anche lì ci sono zone molto vicine alla Russia, come il Donbass in Ucraina, e altre ancora sono presenti in altri Paesi quali ad esempio la Polonia. L’invasione dell’Ucraina fa paura un po’ a tutti i paesi dell’Est, che per questo motivo guardano con fiducia all’articolo 5 della NATO, che dispone un “ombrello” di difesa collettiva per i soli Paesi membri. Potrebbe succedere a loro quello che sta capitando all’Ucraina.
Il Cremlino dal canto suo ha fatto sapere più volte che vedrebbe l’ingresso della Svezia e della Finlandia nella NATO come una reale minaccia alla propria sicurezza (l’Alleanza collocherebbe anche lì le proprie basi) e in questi giorni sono state annunciate eventuali future ritorsioni, prima fra tutte il piazzamento di missili nucleari lungo il confine. La reazione, dunque, ci sarà.
La NATO ha aperto ai due Paesi scandinavi promettendo addirittura il suo sostegno nel periodo che intercorrerà tra la formalizzazione della richiesta e il processo di ratifica.
In sostanza siamo davanti alla classica miccia che potrebbe fare esplodere un conflitto mondiale, quella che leggiamo nei libri di storia. Come comportarsi davanti a questa escalation di tensioni incrociate? L’ho detto sopra, rimanendo compatti e fidandoci del più forte, che fortunatamente è dalla nostra parte, l’America. Non facciamola irritare tirando troppo la corda anche noi.