Dopo 15 anni lascia la politica Angela Merkel, il più importante e influente personaggio politico in Europa.
Domenica scorsa si è votato in Germania per rinnovare il parlamento tedesco (il Bundestag) che poi eleggerà il nuovo capo del governo, il cancelliere. Ha vinto il partito socialdemocratico (SPD 25%), secondo l’Unione Democratico-Cristiana (CDU 24.1%), il partito di Angela Merkel, di centrodestra. Terzi i Verdi e quarto il Partito Liberale Democratico (FDP). Il sistema di voto in Germania è complesso, tale da richiedere quasi sempre una coalizione per governare nei successivi 4 anni.
Solitamente ci vuole del tempo per la creazione di questa coalizione e la successiva elezione del cancelliere, a volte anche mesi. La maggioranza relativa è in mano al SPD, che probabilmente formerà un governo guidato dal suo leader Olaf Scholz, insieme ai Verdi e e al FDP.
Non si avrà più la “Grosse Koalition”, fra SPD e CDU, che ha governato negli ultimi 8 anni. La vittoria del SPD è dovuta essenzialmente alla popolarità del suo leader, Scholz, attuale vice-cancelliere della Merkel e ministro delle finanze. La Merkel è di centrodestra ma negli anni ha assunto posizioni sempre più centriste, Scholz è di sinistra ma da sempre è considerato un moderato, più vicino al centro. Scholz per i tedeschi rappresenta dunque la continuità (anche se si tratta di partiti diversi), la persona capace di portare avanti le politiche della Merkel, cosa chiaramente (e furbamente) dichiarata dalla stesso Scholz in campagna elettorale.
È un politico meno attento ai diritti dei migranti e meno conciliante con la Cina rispetto alla Merkel (cose su cui puntava il suo avversario, che infatti ha perso), più propositivo verso le politiche sociali (lavoro, famiglia, pensioni) e la transizione ambientale. In sostanza ha sposato le politiche più gradite della Merkel allontanando ciò che piaceva meno.
La prosecuzione del lavoro svolto dalla Merkel è stata comunque promessa, e questo, a mio avviso, rappresenta una carta vincente per lui e per la Germania.
I tedeschi puntano sulla continuità, giustamente. In Italia, invece, regna l’alternanza, con ogni governo che sconfessa quanto deciso da quello precedente (per non parlare dei cambiamenti in corsa nella stessa legislatura come successo per la legge sulla prescrizione).
L’alternanza può andare bene se associata ad una durata congrua dei governi, come accade in America. Lì c’è alternanza, ma si governa per tanto tempo. Da noi non c’è un premier eletto da tanti anni e cambiamo la maggioranza di governo ogni 18 mesi.
Così non si va da nessuna parte.