È stata la settimana delle atrocità e degli orrori legati alla guerra in Ucraina, dell’indignazione e, se vogliamo, della vergogna. In questi giorni sono stati pubblicati video, immagini, testimonianze e ricostruzioni incredibili, orrendi, raccapriccianti.
Provengono soprattutto dalle città lasciate dalle forze russe in ritirata e riconquistate dagli ucraini. Città simbolo in questo senso è Bucha, vicino Kiev, dove sono stati scoperti centinaia di cadaveri. Gli stessi orrori sono stati poi riscontrati in altre città del Nord, e altri si pensa siano presenti in città ancora in mano ai russi.
Personalmente mi sono fermato a leggere e guardare le atrocità più assurde, e in questi giorni mi sono sentito un po’ in colpa a parlare delle mie frivolezze quotidiane quando a 2 mila chilometri dall’Italia si stanno consumando delle violenze di una brutalità inaudita:
bambini uccisi con segni di stupro e tortura; cadaveri di uomini con mani legate dietro la schiena torturati, uccisi a sangue freddo e con il cranio schiacciato; donne denudate, umiliate e sottoposte a torture e abusi; esecuzioni per strada con civili uccisi come in un safari e poi schiacciati dai carri armati; crematori mobili allestiti per bruciare i corpi di donne e bambini e coprire le tracce dei crimini contro i civili; fosse comuni; cadaveri carbonizzati; camere di tortura allestite per bruciare vive le persone dopo averle torturate; prigionieri nelle cantine dei palazzi con l’odore dei cadaveri dei loro familiari affianco, morti per la fame. Da brividi.
Ho fatto questo breve elenco di atrocità come un invito a soffermarsi su quanto di osceno e crudele stia succedendo in quel territorio. Si tratta ovviamente di crimini di guerra, di cui è stata accusata la Russia da parte dell’Ucraina e di tanti leader mondiali. I russi hanno risposto sostenendo che le violenze siano state compiute dagli stessi ucraini, con scene create ad arte come in una fiction. Una teoria complottista che si inserisce in una guerra parallela, quella delle bugie e della disinformazione.
Le morti agghiaccianti comunque ci sono, sono sotto gli occhi di tutti. Una decisione bisogna pur prenderla. Il Consiglio di sicurezza dell’ONU non riesce a mantenere la pace e la sicurezza internazionale. La Russia, per statuto, ha diritto di veto (come altri 4 paesi membri permanenti: USA, Cina, Francia e Regno Unito), per cui ha la facoltà di impedire una qualsivoglia deliberazione. Amen.
La Nato ha deciso di intraprendere la strada delle sanzioni. Gli Stati Uniti bloccheranno tutte le attività delle banche russe più importanti negli Stati Uniti e tutti gli investimenti degli americani in Russia. Dipendesse da Biden colpirebbe anche l’export di gas russo, ma i paesi dell’Ue frenano.
In realtà l’embargo russo non è in discussione solo per il momento. Se i massacri continueranno l’unica strada percorribile sarà il ricorso a sanzioni più severe e quindi allo stop alla fornitura di gas russo, almeno che non si voglia partecipare al conflitto in maniera diretta.
In questo contesto si inserisce la frase, per molti infelice, di Mario Draghi: “cosa preferiamo, la pace o i condizionatori accesi?”, come a voler dire: l’unico modo per fare sedere i russi al tavolo dei negoziati, in una posizione di parità con l’Ucraina, è colpirli nella loro economia, a costo di fare noi dei sacrifici, tra cui il razionamento energetico (già approvata la stretta negli uffici pubblici per condizionatori e termosifoni: massimo 21 gradi d’inverno, non meno di 25 in estate).
Draghi è stato sincero e ha anticipato quello che probabilmente succederà. Un leader vero non mente, parla chiaro alla nazione e rischia tranquillamente di essere impopolare. L’Italia in questa scelta sembra più determinata di altri paesi europei, più reticenti (Germania e Olanda su tutti): “chiudere i rubinetti a Putin, la Ue abbia coraggio” ha affermato il ministro Di Maio.
A mio avviso c’è poco da girarci intorno. Quella di Draghi è una provocazione. La strada si fa sempre più stretta, e la dimostrazione è arrivata ieri dalle dichiarazioni dell’ambasciatore russo negli Stati Uniti, secondo il quale la fornitura di armi a Kiev, come di fatto sta facendo l’Occidente, potrebbe portare a breve ad un conflitto mondiale.
Le sanzioni, il gas, i condizionatori spenti, le luci pubbliche più fioche, la riduzione dei limiti di velocità delle auto, le giornate a piedi ecc. potrebbero fare parte di un piano operativo di razionamento energetico che potrebbe arrivare presto.
Se ci tocca sospendere l’approvvigionamento di gas dalla Russia per ottenere la pace, per convincere Putin a desistere, che ben venga il razionamento. L’alternativa sono i fucili, anzi le bombe.