È stata un’altra settimana di guerra in Ucraina. Putin ha intensificato l’offensiva causando oltre 2 mila vittime civili.
Ci sono stati colloqui tra le parti, dove la Russia si è presentata poggiando la pistola sul tavolo: trattava mentre bombardava. I negoziati non hanno però portato ai risultati sperati. Domani nuovo incontro, vedremo cosa succederà.
In ogni giorno della settimana sono state rilasciate dichiarazioni agghiaccianti, che hanno generato terrore in tutto il mondo. Tra queste ricordo le minaccia del ricorso alle armi nucleari da parte dei russi in risposta alle dichiarazioni del premier britannico Boris Johnson (“l’obiettivo delle sanzioni è rovesciare Putin”) e del presidente degli Stati Uniti Biden (“Putin un dittatore, deve pagare”).
Ad impressionare è stata anche la dichiarazione del presidente francese Macron dopo una sua telefonata con Putin: “il peggio deve ancora arrivare”. Il presidente russo gli ha confermato, infatti, che l’obiettivo è prendere il controllo totale dell’Ucraina (magari cambiando il governo attuale con uno amico come quello della Bielorussia). Pensiero, tra l’altro, ribadito dalle stesso Putin 2 giorni dopo: “ucraini e russi unico popolo: non torno indietro”.
Il leader russo, però, sta incontrando non poche difficoltà in questa guerra assurda, che non sta andando come avevano pianificato a Mosca. Si è mosso con metodi antichi (minacce, spostamenti di carri armati ecc.) sottovalutando il fatto di essere in piena era globale e moderna, dove la comunicazione e la battaglia economica possono fare quasi più male delle armi.
Oltre alle resistenza del popolo ucraino, ciò che ha spiazzato il leader russo è stata, infatti, la dura reazione del mondo occidentale, che con le sanzioni inflitte ha colpito l’economia russa in maniera significativa. Per JP Morgan la Russia rischia il collasso economico, Mosca è sempre più isolata dal mondo mentre le aziende scappano dal paese. La vita diventa sempre più difficile anche per i russi, che a questo punto potrebbero iniziare a opporsi al loro leader. Sono state arrestate quasi diecimila persone russe che manifestavano per la pace, fioccano le petizioni e le lettere aperte per uno stop alle ostilità (tra cui quella di 15 mila medici russi), mentre gli oligarchi russi, che hanno perso più di cento miliardi in una settimana, potrebbero iniziare ad agitarsi ed esercitare una forte pressione su Putin.
Uno degli obiettivi delle sanzioni, dunque, è proprio quello di spostare l’opinione pubblica su posizioni ostili a Putin, in sostanza creare un dissenso interno.
A mio avviso il vero pericolo per una escalation ancora più angosciate è che il presidente russo cominci a sentire la terra tremare sotto i suoi piedi. Potrebbe aver capito di essere arrivato ad un punto di non ritorno. Dopo l’invasione di uno stato libero e sovrano contro i principi della Carta dell’ONU, le migliaia di vittime causate e gli attacchi spietati visibili agli occhi di tutto il mondo, ha suscitato un’ondata di sdegno planetario, tale da compromettere, forse per sempre, la sua credibilità. Chi si siederebbe con lui in futuro ad un tavolo che conta come se niente fosse successo? Probabilmente nessun accordo potrebbe bastare a salvargli la faccia.
Percepita questa situazione il vero rischio è che il leader russo potrebbe lasciarsi andare a qualche gesto folle. Da qui la necessità, se davvero si desidera la pace, di evitare di umiliare la Russia. Occorre concedere a Putin qualcosa che lo faccia desistere senza fargli perdere la faccia. Siamo ancora in tempo? Personalmente penso di sì, ma la sensazione è che la volontà dei leader mondiali sia quella di sgretolare il regime di Putin senza dichiarare apertamente la guerra. Lo dimostra l’esclusione della possibilità di imporre una no-fly-zone sui cieli dell’Ucraina che comporterebbe l’abbattimento di aerei russi e il successivo innesco dello scontro diretto con la Russia.
Si sta optando dunque per una battaglia di nervi e comunicati. Funzionerà? Sicuramente è una grossa responsabilità. Putin però comincia a stancarsi. Ieri ha dichiarato che le sanzioni equivalgono ad una dichiarazione di guerra, a dimostrazione del fatto che la tattica occidentale potrebbe averlo spiazzato costringendolo al contrattacco verso tutti. Gli ucraini da soli non ce la faranno mai nonostante il tentativo commovente di fornirgli delle armi. È una lotta palesemente impari, non prendiamoci in giro e mettiamo fine a questa carneficina. Siamo arrivati ad un momento in cui o si concede qualcosa al leader russo o si decide di affrontarlo.
Lui non torna indietro, noi non possiamo mandarlo ancora avanti. Saranno giorni difficili, storici.