La procura di Firenze ha chiesto il rinvio a giudizio per Matteo Renzi e alcuni dei suoi più stretti collaboratori (Lotti, Boschi ecc.). L’accusa per il leader di Italia Viva è il finanziamento illecito ai partiti, mentre i suoi collaboratori dovranno rispondere anche delle accuse di corruzione e traffico di influenze.
Per i magistrati il finanziamento illecito proviene dalla Fondazione Open che nei suoi 7 anni di vita (2012-2018) avrebbe finanziato l’ascesa politica di Matteo Renzi fino all’incarico da premier.
La storia del finanziamento ai partiti ha seguito un percorso molto travagliato negli anni. Provo a fare una breve sintesi.
Si è partiti con il finanziamento pubblico ai partiti per evitare collusioni tra questi e i grandi potentati economici. Con lo scandalo Tangentopoli i finanziamenti pubblici sono stati sostituiti dai rimborsi elettorali. Infine, circa 10 anni fa, sono stati aboliti anche i rimborsi elettorali, sostituiti da forme indirette di sostegno ai partiti grazie alla riforma del 2013, governo Letta: contributi erogati annualmente da Camera e Senato (a loro volta finanziati con soldi pubblici); il “2 per mille” dell’Irpef che i cittadini devono allo Stato e che possono destinare ai partiti; donazioni dei privati, dette “erogazioni liberali”, che non possono superare i 100 mila euro.
Dopo queste riforma ci fu una riduzione drastica delle risorse per i partiti, che furono così indotti a reperire altre fonti per finanziare le proprie attività. Si è arrivati in questo modo ad un canale alternativo per finanziare i partiti: le fondazioni. A questo punto subentrò però un altro problema: le donazioni alle fondazioni (che poi avrebbero girato i soldi ai partiti) non avevano i requisiti e gli obblighi di trasparenza previste per le donazioni ai partiti. La legge “spazzacorrotti” del primo governo Conte intervenne così proprio su questo aspetto: le donazioni alle fondazioni collegate ai partiti (quali ad esempio quelle con politici nei ruoli apicali della fondazione stessa) avrebbero dovuto rispettare determinati obblighi di trasparenza e tracciabilità tipici delle donazioni dei privati.
Secondo la procura di Firenze questo non è successo nel caso della Fondazione Open del cui Consiglio di amministrazione facevano parte lo stesso Renzi e i suoi collaboratori. La Fondazione nel corso dei suoi sette anni di vita ha raccolto circa 7 milioni di euro. La procura contesta 3.5 milioni di euro di contributi ricevuti, poco trasparenti, quindi finanziamento illecito. I collaboratori politici di Renzi (tra cui Lotti) sono invece accusati di corruzione e traffico di influenze: avrebbero fatto versare somme di denaro alla Fondazione da parte di imprenditori in cambio di trattamento di favore da parte del governo di cui loro facevano parte.
La procura ha chiesto adesso il processo. Renzi non ci sta e va al contrattacco dei magistrati: “li denuncio”. I reati contestati si prescriveranno prima della fine del processo, ma all’ex premier non interessa la prescrizione. È avvelenato e rabbioso, pronto ad una battaglia mediatica già iniziata in questi giorni.
Renzi accusa i magistrati di abuso d’ufficio e violazione della Costituzione. Secondo l’ex sindaco di Firenze la Fondazione non è da considerare un’articolazione del partito perché il suo scopo principale era quello di finanziare la “Leopolda”, un evento culturale annuale che si tiene a Firenze e che riguarda la sfera di amici più stretti di Matteo Renzi, non certamente un’assemblea del Pd, il suo partito all’epoca dei fatti contestati (la Cassazione, nel corso dell’inchiesta, gli ha dato ragione in questo senso, negando il sequestro di computer richiesto dalla procura).
Il leader di Italia Viva contesta, inoltre, l’approccio troppo invasivo della procura, con intercettazioni che violerebbero la Costituzione, non essendo autorizzate dal Senato di cui lui fa parte e che avrebbero portato a violazione della sua privacy. Dalle carte dell’inchiesta sono emersi, infatti, informazioni non inerenti alle accuse, dalle sue attività di conferenziere in Arabia Saudita (Renzi, tra l’altro, afferma che gli è consentito per legge non avendo cariche di governo) ai suoi conti correnti sbattuti in prima pagina da parte di alcuni giornali che da sempre si accanirebbero contro di lui.
Renzi, dunque, vuole aprire una breccia in un muro: denunciare i magistrati, che a detta di molti si sentono onnipotenti e intoccabili. La vicenda, proprio per questo motivo, sarà seguita con interesse un po’ da tutti. Non meno curiosità suscita la personalità del soggetto interessato, che si sente ferito a tal punto da rispondere in questi termini a degli amici che gli avevano consigliato di abbassare i toni: “cosa volete che mi facciano? Che mi arrestino i genitori? Che mi facciano pubblicare i miei conti correnti? Che distruggano il mio consenso politico? Hanno già fatto tutto!”. Vedremo come andrà a finire.
Sicuramente se acconsenti che dietro un partito possa operare una fondazione, mi sembra scontato che tutto ciò che passa dalla fondazione stessa debba essere scansionato con la lente di ingrandimento. Io personalmente abolirei le fondazioni collegate alla politica. In sostanza dai la possibilità al privato di dare soldi alla politica stessa attraverso un filtro. Il privato ad un certo punto potrebbe anche aspettarsi qualcosa in cambio.
La giustizia va comunque riformata sotto tanti altri aspetti. Non a caso l’applauso più lungo che il Parlamento ha riservato a Sergio Mattarella nel suo discorso di insediamento è stato quello scattato durante i passaggi sulla giustizia.
Un importante passo in avanti è stato tuttavia fatto in settimana con l’approvazione, da parte del Consiglio dei ministri, degli emendamenti al ddl sulla riforma della giustizia che dovrà essere approvata da Camera e Senato. Le modifiche riguardano essenzialmente il Consiglio superiore della magistratura con modifiche del sistema di elezione dei suoi membri.
Tra le altre novità c’è lo stop alle “porte girevoli” tra politica a magistratura: il magistrato che abbia svolto importanti incarichi politici non potrà più avere un ruolo giurisdizionale, ma soltanto un ruolo pubblico amministrativo. Non potrà quindi più essere Pubblico Ministero o Giudice, in sostanza non entrerà più in un tribunale. Si tratta di una decisione sacrosanta, attesa da anni. Era ora. Una stortura incredibile a cui si spera sarà messa la parola fine.
Altri aspetti, però, andranno migliorati, in primis i tempi lunghi della giustizia e la necessità di velocizzare i processi, per offrire ai cittadini là garanzie di una giustizia “più giusta”. In tal senso sarà di aiuto l’Europa che ci obbliga ad una serie di riforme al fine di erogare i finanziamenti del Recovery Fund.
Concludo con due situazioni che puntualmente si verificano nel rapporto politica-giustizia e che detesto. La prima è quando si accusano i magistrati nel momento in cui si è indagati mentre si applaudono quando ad essere indagati sono gli altri. Negli ultimi mesi stiamo avendo numerosi esempi. La seconda è l’accusa che si fa alla magistratura circa la giustizia ad orologeria, con indagini o inchieste che puntualmente spunterebbero nei periodi pre-elettorali. Non è sempre così e i fatti di queste ultime settimane lo dimostrano.