Il Movimento 5 stelle rappresenta la maggioranza relativa nelle due Camere grazie al voto del 2018. Per questo motivo in settimana ha fatto parecchio rumore lo scontro tra il fondatore del Movimento, Beppe Grillo, e l’ex premier Giuseppe Conte, indicato dagli attivisti (Grillo compreso) come colui che avrebbe dovuto rifondare il soggetto politico grillino, in netto calo di consensi.
Motivo dello scontro: il nuovo Statuto del Movimento fatto elaborare da Conte al fine di rilanciare il partito. La bozza messa a punto dall’ex premier è stata mandata in anteprima a Beppe Grillo scatenando una reazione spropositata che, di fatto, ha portato alla rottura tra i due.
Per il fondatore del M5S il nuovo Statuto ridimensionerebbe di parecchio i poteri e le funzioni del garante, ruolo ricoperto attualmente da Beppe Grillo, a tutto vantaggio del nuovo capo politico del Movimento che diventerebbe così la vera guida di un “partito unipersonale”. Il disappunto si è subito tradotto in insulti, in perfetto stile “vaffa”: “Conte non ha né visione politica né capacità manageriali e di innovazione”. In sostanza non è un buon politico, è un incapace. Conte ha risposto definendo Grillo un padre padrone.
Dopo lo strappo il fondatore del M5S ha individuo un comitato di 7 persone al fine di modificare le regole del Movimento. Vedremo che succederà.
Sicuramente è andata in onda un’altra raccapricciante contraddizione, a cui ormai il M5S ci ha abituati. Prima ci si affida a Conte per elaborare una proposta di riorganizzazione del partito, a cui l’ex premier ha lavorato per mesi, poi lo stesso Conte viene definito un incapace, proprio lui che tanto era stato elogiato dai grillini quando era premier.
Fa riflettere anche la bramosia di potere, motivo della discussione tra i due litiganti. Da una parte c’è un Garante e padrone assoluto di un movimento che doveva essere espressione della democrazia (non di un regime), dall’altra uno che diceva che dopo l’esperienza politica da premier sarebbe tornato a fare l’avvocato (a Renzi questa promessa non è stata perdonata).
E i parlamentari grillini? Si sono divisi con una modalità che fa un po’ sorridere. Le nuove leve si sono schierate con Grillo, determinato a mantenere il limite dei due mandati. Sono favorevoli a questo limite perché significa liberarsi della vecchia guardia e avere più chance di rielezione. Con Conte, propenso ad abolire il vincolo, si sono schierati invece i veterani (contrari ad abbandonare il bello del potere che in passato criticavano).
La sensazione è che lo strappo sia ormai definitivo con rischio di implosione del Movimento, nonostante i tentativi di mediazione. Conte sembra tuttavia determinato a portare avanti il suo progetto, cosa possibile solo attraverso la formazione di nuovi gruppi parlamentari, che ufficializzerebbe la spaccatura del partito, e la successiva creazione di un nuovo partito che, a mio avviso, rischierebbe di sbattere contro un muro.
Servono soldi, un simbolo, e soprattutto la sicurezza che il consenso apparentemente alto di cui gode Conte, si traduca in voti. Questo non è assolutamente scontato, Mario Monti docet.
Concludo dicendo che i grillini hanno fatto cose che avevano promesso (taglio vitalizi ecc), non ne hanno fatte altre (le dirette streaming per documentare i fatti senza filtri ecc), mentre altre ancora le hanno fatte male (il reddito di cittadinanza da sospendere in caso di rifiuto di proposte di lavoro che in realtà non sono mai arrivate). Il loro modo di fare politica, come dimostrato dai sondaggi, non è piaciuto. L’ultimo grande errore potrebbe essere quello di snaturarsi, diventare un partito classico facendo affidamento su una figura, quella di Conte, che ha potuto lavorare sulla sua immagine dalla posizione di vantaggio quando era premier. Ora sarà diverso.
Da questo punto di vista sto con Grillo: va bene Conte ma senza stravolgere l’essenza del M5S, a costo di ricominciare da zero. La coerenza a volte paga a volte no, l’incoerenza mai.