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Analisi sul presente e sul futuro

  • di Antonio Martino

INTERVENTO MILITARE USA IN MEDIORIENTE: CI SIAMO?

22 Giugno 2025

Proseguono gli attacchi missilistici reciproci fra Israele e Iran, con morti e feriti da entrambe le parti. Il fatto della settimana è sicuramente rappresentato dalla possibilità, dichiarata dal presidente americano Donald Trump, di un ingresso degli Stati Uniti nel conflitto, a diretto sostegno di Israele.

Questa notte ci sono stati attacchi americani su tre siti nucleari iraniani che sanno tanto di avvertimento. Il Tycoon deciderà entro pochi giorni se sferrare un attacco ancora più massiccio.

I motivi dell’attesa potrebbero essere diversi: un accordo pacifico con l’accettazione, da parte dell’Iran, dei negoziati che andavano avanti da mesi, o un “lasciare fare” a Israele per dare poi il colpo di grazia finale, magari dopo aver finito di concentrare le forze militari in Medioriente, oppure, in ultimo, una strategia per coprire un ulteriore attacco, più duro e immediato.

Netanyahu dal canto suo ha affermato che Israele fermerebbe il programma nucleare dell’Iran con o senza Trump. C’è da aspettarselo da uno che in meno di due anni ha abbattuto quasi tutti i tentacoli dell’Iran, decapitando Hamas, Hezbollah e il regime di Assad in Siria. Rimangono in piedi gli Houthi dello Yemen, ma non credo per molto. Per Israele l’obiettivo è eliminare la minaccia nucleare, è una questione di sopravvivenza. Il regime iraniano non ha mai tenuta segreta la volontà di distruggere Israele, considerato il grande Satana americano in Medioriente.

Ora siamo forse arrivati alla resa dei conti. L’America è davanti alla decisione che segnerà per sempre la presidenza di Donal Trump. Le valutazioni di Trump di questi giorni girano attorno agli scenari che si delineerebbero dopo un intervento militare americano. L’ipotesi migliore per il presidente USA è una durata limitatissima della guerra per palese inferiorità dell’avversario, senza il dispiegamento di truppe americane sul terreno e con azioni chirurgiche mirate, con un piano accettabile per il dopo Khamenei, la guida suprema iraniana.

Tuttavia va valutata anche l’altra ipotesi, quella che temiamo tutti: il propagarsi del conflitto e il comportamento imprevedibile di altri attori, quali la Cina, principale importatrice del petrolio iraniano, la Russia, alleata storica, e la Turchia. D’altra parte Trump deve fare i conti anche con l’ala isolazionista del trumpismo, che lo ha votato per la sue promesse di non volersi infilare nelle “guerre infinite” degli altri.

Inoltre ad aumentare i dubbi su un intervento americano ci hanno pensato le dichiarazioni di questi giorni di Vladimir Putin, secondo il quale non ci sarebbero le prove sullo sviluppo di armi nucleari in Iran (Trump ha affermato invece che mancavano poche settimane per la costruzione della bomba atomica in Iran). Per il leader russo l’Iran ha il diritto di sviluppare tecnologie nucleari a scopi pacifici, per cui il regime non va rovesciato e l’uccisione di Khamenei aprirebbe “il vaso di Pandora”. In sostanza Putin ha lasciato intendere che la reazione russa potrebbe esserci, e le conseguenze a quel punto sarebbero globali.

La vanità e l’opportunismo tipica dei politici, però, stanno ingolosendo non poco Trump a entrare a gamba tesa in un conflitto che sembra già vinto, con la Russia impegnata in un altro teatro di guerra. Quale miglior momento? A suo avviso ne guadagnerebbe la sua immagine mentre si ripristinerebbe la posizione Washington al centro della scena geopolitica mondiale.

Tuttavia l’intervento potrebbe essere inutile, in quanto Israele sta dimostrando di potercela fare da solo. L’azione americana rischierebbe solo di complicare la situazione, aumentando le ostilità tra Occidente e Oriente. Le prossime ore saranno dirimenti.

Concludo con i tristi colloqui di Ginevra di due giorni fa tra i ministri degli esteri di Germania, Regno Unito, Francia e Iran per trovare un accordo sul programma nucleare. Ancora una volta l’Europa non era rappresentata da un leader unico, continuando a preferire l’ordine sparso. Gli effetti dei colloqui, come previsto, sono stati pari allo zero, o forse meno. 

Posted in: Politica internazionale Tagged: America, Conflitto in Medioriente, Donald Trump, iran, Israele, Khamenei, Medioriente, Netanyahu, Trump, USA

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