
Trump ha dichiarato guerra commerciale al mondo attraverso l’annuncio dei dazi universali: 20% per l’Europa, 34% per la Cina e 25% su auto e componenti auto straniere importate negli USA.
Il dazio è una tassa, espressa in percentuale del prezzo di vendita, che paga l’importatore alla dogana del paese di ingresso. Ad esempio il grossista americano, che compra auto provenienti dall’Europa, alla dogana dovrà pagare anche una percentuale sul prezzo di quelle auto, per cui sarà costretto successivamente a venderle in America ad un prezzo maggiorato. Il dazio sarà quindi supportato principalmente dal grossista e dal consumatore che, nell’intento di chi li applica, dovrebbe così scegliere di acquistare merce nazionale meno cara.
L’obiettivo, dunque, è proteggere la produzione interna dalla concorrenza estera. Tuttavia le conseguenze, visto che si parla degli Stati Uniti d’America, potrebbero essere devastanti. L’entrata in vigore dei dazi decisi dal presidente Donald Trump ha suscitato infatti una paura di recessione economica globale (calo significativo della produzione economica di uno Stato) che a sua volta ha scatenato una vera e propria catastrofe in borsa, mai così male dal 2020, in piena emergenza Covid.
A gettare benzina sul fuoco ci ha pensato il presidente della Fed, la Banca centrale americana, Jerome Powell, secondo il quale le tariffe potrebbero avere un impatto persistente sull’inflazione, con cui si intende un aumento del livello medio generale dei prezzi di beni e servizi in un determinato periodo di tempo (se acquisti merce straniera la paghi di più, se opti per la merce nazionale l’aumento della domanda porterà inevitabilmente ad un aumento dei prezzi).
L’impatto dunque potrebbe essere sconvolgente per tutti, per il consumatore in primis, americano e non americano, e poi per le imprese di tutto il mondo, che rischiano di non avere più mercato in America a causa dei dazi che penalizzeranno le loro merci. Questo aumenta il rischio di recessione nei vari paesi (si produce meno), crisi aziendali e occupazionali, e inflazione (i prezzi aumentano). Un disastro.
La reazione dell’Europa non si è fatta attendere, almeno a parole. La presidente della Commissione europea ha dichiarato infatti che presto annuncerà dei dazi di ritorsione per penalizzare le importazioni dagli USA, lasciando tuttavia aperta la porta alle negoziazioni per evitare una guerra commerciale che colpirebbe tutti indiscriminatamente.
Tra i leader europei c’è chi è più a favore della ritorsione, come Macron, e chi è più a favore delle trattative, come la nostra premier Giorgia Meloni, visto che l’Italia è il secondo paese europeo per esportazioni negli Stati Uniti e che i dazi imposti da Trump fanno tremare le imprese esportatrici italiane, dalla moda all’automobile, all’agroalimentare (penalizzati soprattutto vino, formaggi, olio e pasta).
A mio avviso la strategia di Trump è ormai delineata: partire con una minaccia molto forte per poi avviare delle trattative in cui cercherà di ottenere condizioni di massimo vantaggio (come successo col Messico). In questa ottica mi è piaciuta la risposta della Cina, che senza tante roboanti avvertimenti ha imposto dazi al 34% su merci USA. Zero chiacchiere o richieste di trattative. Vuoi andare in guerra? Ti seguo.
L’Europa non deve cedere alla volontà di Trump di trattare con i singoli Stati, il presidente USA ci vuole divisi e più deboli. Ci sono i trattati che impediscono agli Stati membri di muoversi autonomamente nelle trattative, tuttavia Trump vuole aggirarli e intimidire ogni singola nazione. Questa è una possibilità che non deve concretizzarsi, anzi l’obiettivo deve essere quello di fare sbattere il presidente USA contro un muro, magari con un’inflazione alle stelle, proprio quella inflazione che lui in campagna elettorale aveva detto di voler abbassare dopo i disastri economici del suo predecessore Biden.
In realtà i temi economici sono un campo minato per ogni governatore, basta vedere cosa è successo in Gran Bretagna nel 2022 quando il malcontento della popolazione, alcune misure rischiose per l’economia e il crollo della sterlina fecero durare solo 45 giorni il governo della conservatrice Liz Truss.
In America già ieri ci sono state manifestazioni anti-Trump in tutti i 50 stati americani, mentre tra le borse mondiali il crollo maggiore lo ha avuto proprio quella americana. Trump sembra voler tirare dritto, convinto che con queste misure arriverà l’età dell’oro per l’America, ma qualora dovesse mandare in recessione l’economia statunitense difficilmente supererebbe le elezioni di medio termine del 2026.
D’altronde parliamo di un presidente che ha dichiarato pubblicamente di non escludere l’uso della forza per annettere la Groenlandia, sottoposta alla sovranità di un’altra nazione, la Danimarca. Sono dichiarazioni forti, che mai ci saremmo sognati di sentire. Forse andrebbe fermato.