
È stata una settimana di incontri internazionali per cercare una soluzione alla guerra in Ucraina. Il presidente USA Donald Trump ha ricevuto a Washington prima il presidente francese Macron, poi il premier inglese Starmer, quindi venerdì c’è stato l’incontro-scontro nello studio ovale della Casa Bianca tra Trump e il leader ucraino Zelensky, infine oggi si terrà a Londra una riunione dei principali leader europei per la pace a Kiev.
Macron ha portato a Trump un piano per Kiev da attuare dopo il cessate il fuoco: un contingente di soldati europei dispiegato in Ucraina per garantire la pace futura, a condizione che gli USA facciano da scudo nel caso di eventuali minacce russe future. Starmer ha ribadito il piano esposto da Macron, promettendo, come richiesto da Trump, l’aumento della spesa militare e il taglio dei fondi alla cooperazione internazionale.
Il presidente USA non ha mostrato entusiasmo sulla missione di peacekeeping proposta dai due leader europei (“prima pensiamo al cessate il fuoco”) e non è apparso convinto a riconsiderare la sua posizione sull’Ucraina (stop agli aiuti e allo scudo americano). L’Italia a sua volta è stata spiazzata e si è mostrata non poco irritata per come si sono mossi i due leader europei, a testimonianza di un’Europa ancora lontana dall’essere unita.
Venerdì si è tenuto invece il surreale incontro tra Zelensky e Trump, dove dopo un inizio relativamente tranquillo (se si esclude lo scherno di Trump per l’abbigliamento di Zelensky) i toni si sono improvvisamente alzati, con il presidente USA che, davanti ai giornalisti, zittisce e attacca ripetutamente il presidente ucraino, accusandolo di “giocare con la terza guerra mondiale”, di non volere la pace e di non essere assolutamente nelle condizioni di potere avere delle pretese.
Zelensky ha lasciato la Casa Bianca senza conferenza stampa finale e senza firmare l’accordo sui minerali e le terre rare (gli Usa esigono farsi rimborsare gli aiuti offerti durante il conflitto con lo sfruttamento delle terre rare ucraine, ricche di risorse minerarie, al fine di potere competere con la Cina: si tratta di 17 elementi chimici essenziali per la produzione di molte tecnologie moderne).
Dopo l’acceso confronto l’Europa si è stretta attorno al presidente ucraino, confermando il proprio sostegno. Leggermente smarcata la nostra premier Giorgia Meloni che ha invocato un vertice urgente USA-UE-NATO.
In definitiva possiamo tranquillamente affermare che dal 20 gennaio sia radicalmente cambiata la linea USA su Kiev: Donald Trump preferisce riallacciare i rapporti con Putin (“manterrà la parola data” “onorerà l’intesa che emergerà dai negoziati”) e attaccare Zelensky.
L’incontro con quest’ultimo è stato raccapricciante, privo di ogni formalismo istituzionale e diplomatico. Un leader di Stato, eletto democraticamente da milioni di persone, può presentarsi anche in pigiama, tu intanto lo devi trattare da capo di Stato, non come uno sguattero.
A mio avviso sono bastati pochi minuti di colloquio tra Zelensky e (la banda di) Trump per capire in che direzione stiamo andando: il sostegno tra Stati esiste ma non più per una condivisione di ideali democratici. Non esiste più un garante della pace come potevano essere in passato gli Stati Uniti. Ora se vuoi vivere in pace devi accettare delle condizioni, a favore dei più potenti.
Capisco la volontà di Trump di volere la pace a tutti i costi e nel più breve tempo possibile, come promesso in campagna elettorale, gli fa onore. Ma non condivido questo suo pacifismo basato sull’aggressione verbale, sulla costrizione (“o accetti o sei fuori”). Per lui la pace significa cedere territori alla Russia, non fare entrare l’Ucraina nella NATO, svendere le terre rare ecc. Negoziato sì, ma sbilanciato, e devi stare muto, tu e l’Europa. Sconfessa completamente la politica portata avanti da Biden, dalla NATO e dall’Europa.
Per quanto riguarda noi europei, le mosse di questo primo mese di trumpismo a mio avviso non lasciano dubbi: per Trump l’Europa non deve avere voce in capitolo. Capisce che procediamo in ordine sparso per cui siamo deboli e non facciamo paura.
Per il presidente americano serve un nuovo ordine mondiale fatto da superpotenze, che per lui sono rappresentate dall’America, dalla Cina e dalla Russia. L’esempio potrebbe essere la conferenza di Yalta (Crimea), il vertice che nel 1945 riunì i vincitori della Seconda Guerra Mondiale, Roosevelt, Churchill e Stalin, i leader di USA, Regno Unito e Unione Sovietica. Il mondo fu diviso in sfere di influenze, in Occidente avrebbe comandato l’America, dall’altra parte il comunismo sovietico.
Oggi Putin spera in un qualcosa di simile, perché dimostrerebbe di essere ancora alla guida di una superpotenza e la sua immagine verrebbe riabilitata. Trump sembra assecondarlo. Starebbe bene anche alla Cina. Assisteremmo ad un nuovo direttorio mondiale, con tre superpotenze che si spartiscono il pianeta. Per cui può starci che la Russia ottenga territori dall’Ucraina, che la Cina annetta Taiwan, e che magari il Canada diventerà il 51^ Stato americano.
Le divisioni dell’Europa, purtroppo, sono apparse ancora più evidenti in questa settimana. I leader sono andati da Trump singolarmente e hanno presentato una proposta non condivisa da tutti gli Stati europei (compresa l’Italia), mentre la leadership della presidente Ursula von der Leyen non appare incisiva. Quando andremo a parlare col presidente USA da pari a pari? La bozza di piano franco-inglese di dispiegare un esercito comune in Ucraina potrebbe essere un inizio, anche se sono convinto che saranno le future mosse di Trump, non inclusive, a dare all’Europa la scossa necessaria.